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sabato | 19-04-2025

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Quanto sapete degli Sbandieratori di Arezzo? Parola al presidente Bonacci e al direttore tecnico Giorgini

Era il 1960 e quella aretina arrivava prima in Italia tra le organizzazioni interessate a praticare una disciplina singolare, fatta del miscuglio insolito di militare, storico, sportivo e creativo. Da allora, il Gioco di Bandiere ha attraversato i decenni insieme alla città, trainato da diverse direzioni tecniche.

Per amor di precisione, degli alfieri di Arezzo si parlava già molti secoli fa, quando durante le giostre cavalleresche medievali maneggiavano vessilli decorati con le insegne di antiche casate e quartieri.

Sbandieratori e Saracino sono legati da un’unione vigorosa e senza gelosie, con i professionisti della bandiera impegnati a girare il mondo per diffondere il nome di Arezzo dentro e fuori i confini nazionali. Una presenza familiare ma non prepotente per tutti gli appassionati di Giostra, destinata a cedere il passo alle carriere dei cavalieri in lizza, nell’impazienza dei quartieristi più sfegatati.

Quanto sapete degli Sbandieratori? Nell’attesa del prossimo giugno, la parola al presidente Giovanni Bonacci e al direttore tecnico Stefano Giorgini.

https://www.youtube.com/watch?v=R18hD2j-6GU

Bianca: Che livello di simbiosi c’è tra il vostro gruppo e la vita della città?

Giovanni Bonacci: Direi che ormai siamo riconosciuti come una delle eccellenze della città, il legame è talmente forte che faccio fatica a trovare le parole. Gli sbandieratori sono dei punti fermi nell’identità storica e folkloristica della città, insieme alla Giostra.

Perché ci si avvicina all’arte del maneggiar l’insegna” nel 2018?

Giovanni Bonacci: Si entra nel gruppo per vivere il Saracino da un punto di vista diverso da quello “fazioso”, di quartiere. E con la voglia di fare qualcosa che arricchisce (anche dal punto di vista sportivo) e di viaggiare. Nei quasi 60 anni dalla fondazione sono stati toccati tutti e 5 i continenti, sempre in atmosfere di grande festa e attesa. La richiesta c’è. Tra settembre e ottobre, riavviamo la “leva” del primo anno: chiediamo ai ragazzi dai 14 anni in su se hanno voglia di partecipare agli allenamenti. C’è un po’ meno interesse di prima, ma tutti gli anni riusciamo a tirar su e coltivare un certo numero di ragazzi, che significano il nostro futuro. Rispetto al passato abbiamo un gruppo di tamburi piuttosto numeroso, mentre c’è assoluto bisogno di trombe. Anzi, colgo l’occasione e invito i ragazzi che vogliano avvicinarsi agli sbandieratori a mettersi in contatto con noi. Il gruppo è assolutamente aperto, ma c’è tanta gavetta da fare. Chi arriva oggi indossa il costume e comincia a partecipare alle uscite dopo circa un anno. Per diventare qualcosa di simile a uno sbandieratore, ci vogliono almeno 2 anni. Molti dopo un po’ si perdono per questo motivo. Ma, una volta dentro il gruppo, si resta sbandieratori per sempre. È una grande famiglia.

Bianca: Quali sono le qualità indispensabili per diventare sbandieratore

Giovanni Bonacci: L’umiltà e la capacità di adattamento. Il resto viene da sé. Nei ragazzi di oggi spesso manca quella goliardia, quel saper stare in gruppo che una volta veniva trasmesso, per esempio, dal servizio militare. Si creavano delle situazioni in cui ognuno si metteva alla prova e doveva dare il meglio di sé nella relazione con gli altri. Oggi molto di questo si è perso. Entrare in un gruppo e sottostare a una certa disciplina insegna anche a sopportare piccole delusioni. I ragazzi che formiamo alla fine hanno le spalle larghe per la vita.

Bianca: Da cosa prendete ispirazione per costruire i vostri spettacoli?

Stefano Giorgini: Durante l’anno raccolgo le idee che mi vengono di getto e nel periodo del Saracino provo a fare diversi esperimenti. È come scrivere una canzone. Alcune volte scegliamo dei temi su cui lavorare. Può capitare quando c’è una Lancia d’Oro dedicata in maniera precisa a qualcosa. Per dire, quest’anno il Saracino era ispirato alla Prima Guerra Mondiale e ho pensato a una sbandierata con 2 fazioni e molti lanci, in modo da farla sembrare una specie di guerra tra due popoli.

Bianca: La vostra squadra ha viaggiato molto. Cosa si dice di Arezzo all’estero? L’accoglienza straniera è diversa da quella di un pubblico locale?

Stefano Giorgini: Quando andiamo fuori la risposta del pubblico è molto più forte che a casa. Forse è anche questione di abitudine, sono spettatori che non ci vedono tutti i giorni. Però devo ammettere che anche al Saracino ultimamente l’accoglienza è un po’ più calda rispetto a prima. Ogni volta che andiamo in trasferta portiamo depliant, cataloghi, libri su Arezzo. Non tutti la conoscono, dico la verità. Tanta gente è venuta qui grazie a questa nostra specie di marketing a favore della città.

Bianca: Gli sbandieratori sono da sempre il volto di apertura del Saracino e suoi ambasciatori nel mondo. Cosa significa la Giostra per il vostro gruppo?

Stefano Giorgini: Per noi è come la Coppa dei Campioni. Se ti cade una bandiera lì è come se te ne cadessero 100 altrove. Ci sono sbandieratori esperti che quando andiamo fuori Arezzo rimarrebbero tranquilli anche davanti a un pubblico di 10mila persone, ma che in Borgunto, prima di entrare in Piazza Grande, sono bianchi come un cencio. È la manifestazione più sentita in assoluto, questo è poco ma sicuro. Ci sentiamo parte della Giostra al cento per cento.

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