Tovaglia a Quadri di Anghiari, “Pan De’ Mia” supera la prova del cinema

Bisogna fare pace con l’idea che Merendelli e i suoi non avevano scelta. Quest’anno, il 25esimo, il coronavirus si è preso tutto. Titolo, trama, format dello spettacolo. “L’amore vincerà sulla malattia? Al massimo pareggia“, riflettono due personaggi. Anche ad Anghiari il COVID ha costretto la gente in casa. Serve una nuova routine per affrontare l’imprevedibile. Gli abitanti del borgo si mettono a fare il pane e si spostano in strada, in coda davanti all’uscio dell’antico forno popolare. Il titolare ha indetto un concorso per il miglior pane del paese. Partecipano in tanti e per riconoscere la propria creazione di lievito e farina incidono sull’impasto un segno, una lettera, un simbolo. Così ognuno mangerà il suo, a casa propria, lasciando fuori gli altri.

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Nel frattempo, sui tetti di Anghiari ha trovato rifugio un sospetto positivo al virus, Barone Rampante contemporaneo che tutti conoscono ma guardano improvvisamente come un estraneo, un untore. La paura e l’egoismo hanno la meglio sulla compassione, qualcuno spara verso il cielo. Lo spettro del contagio porta la tensione alle stelle e mette alla prova due innamorati, che si rincorrono e si respingono, alla ricerca di una formula per potersi vivere anche se distanti.

Quanto saranno diversi i pani in gara al contest? “In casa mia s’è sempre fatto come ce pare, dal Seicento“. “Che superficialità! Che empirismo di paese!“. I concorrenti si stuzzicano e si pavoneggiano. Nonostante le diffidenze incrociate, fatto lo sforzo di uscire sembra che lo spazio pubblico li riconquisti. In fila per consegnare il loro impasto c’è la vita vera, una possibilità di relazione di comunità con distanziamento e mascherina. Le scene girate al chiuso sono una netta minoranza. Forse perché la gente di “Pan De’ Mia” si ostina a guardare oltre il lockdown. È una ricerca faticosa, disorientante. Le regole anti-COVID pesano e i protocolli sanitari rimarcano gli attriti di sempre. “Senza controlli, senza niente, perché l’amore è soltanto il nostro!“: la fuga che la ragazza propone al suo amato è uno specchietto per le allodole. La soluzione si trova insieme, spezzando il pane di tutti sopra i quadri di una tovaglia.

Tovaglia a Quadri ha scelto di esserci lo stesso e rilanciare, arrivando più lontano – potenzialmente ovunque – grazie allo streaming e ai sottotitoli in inglese. Non c’è stato nulla da fare per la cena in quattro portate, incompatibile con la lotta alla diffusione del coronavirus. Girato in una decina di giorni, il film ha rappresentato una nuova sfida per molti degli attori anghiaresi. Lo sforzo di accantonare i tempi più rilassati e la gestualità del teatro buca lo schermo. Inaspettatamente davanti alla macchina da presa qualcuno brilla più del solito.

Fra i vantaggi del temporaneo passaggio al cinema c’è il montaggio, che ritaglia scene fuori dal tempo e nutre con generosità l’elemento onirico. Lo spirito della Toscana, incarnato da una donna vestita di bianco, intona una canzone antica all’orecchio del sospetto positivo che sogna. Eccezionale il personaggio indefinito e indefinibile che interpreta in momenti diversi il mulo, lo scoiattolo, il cammello, il gorilla. Con l’apparizione nel ruolo dei principi, Andrea Merendelli e Paolo Pennacchini giocano con la disavventura che ha impedito alla compagnia di ripetere l’incantesimo di ogni estate e innestano il fiabesco nell’attualità sospesa di Anghiari. L’atmosfera è salva senza soluzione di continuità, sebbene quando la tavola apparecchiata con la tovaglia a quadri riempie l’inquadratura il cuore fa un salto di nostalgia. La gente di Anghiari ha dato tutto per portarci là. Essere al Poggiolino da casa, il vero piccolo grande miracolo di “Pan De’ Mia“.

Foto dalla pagina Facebook di Tovaglia a Quadri

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