8 marzo, Acli Toscana: “Basta lavoro povero per le donne, servono salari equi e dignitosi”

La presidente Elena Pampana e la responsabile coordinamento Donne Elena Lo Giacco: “Dalle premialità alle aziende che garantiscono parità salariale a misure contro il precariato femminile: qualcosa si può e si deve fare”
“L’8 marzo non può essere solo un giorno di celebrazione, ma deve essere un’occasione per riflettere sulle sfide ancora aperte. Perché, se molte conquiste sono state ottenute grazie a battaglie coraggiose, rimangono radicate disuguaglianze che limitano il ruolo delle donne nella società e nel mondo del lavoro. Gli ostacoli sono evidenti e confermati dai dati: un accesso limitato a opportunità professionali stabili, un divario salariale persistente, la difficoltà di conciliare vita lavorativa e carichi di cura familiari, pensioni inadeguate e la sottorappresentazione nelle posizioni decisionali. A tutto ciò si aggiunge la drammatica piaga della violenza di genere, che continua a colpire troppe donne”
A dirlo è la presidente di Acli Toscana, Elena Pampana, in vista della Giornata internazionale della Donna.
“Il divario salariale e la concentrazione del lavoro povero non sono semplici numeri: rappresentano una realtà che penalizza sistematicamente le donne, limitandone le opportunità di emancipazione e crescita. In particolare – aggiunge Elena Lo Giacco, coordinatrice regionale Donne Acli – il cosiddetto ‘lavoro povero’ resta in Italia appannaggio delle donne. È necessario intervenire per garantire stipendi adeguati e tutele reali, affinché le donne non siano costrette ad accettare condizioni precarie o sottopagate.
Acli Toscana propone tre azioni chiave per colmare questo divario:
• Revisione delle politiche retributive: incentivare le aziende a garantire parità salariale attraverso strumenti fiscali e premialità per chi adotta modelli equi.
• Più stabilità occupazionale: contrastare il precariato femminile, favorendo l’accesso a contratti a tempo indeterminato e migliorando le condizioni di lavoro nelle professioni più esposte alla vulnerabilità economica.
• Maggiore trasparenza nei salari: implementare sistemi di controllo e monitoraggio per verificare che a parità di ruolo e competenze corrispondano uguali retribuzioni.
“Il riconoscimento del valore del contributo femminile non è solo una questione di equità e parità – conclude Lo Giacco – ma anche di crescita sociale ed economica. È indispensabile un impegno condiviso da istituzioni, imprese e cittadini per eliminare le iniquità che ancora oggi caratterizzano il nostro mercato del lavoro”.