Dal supermercato al vertice del sindacato, le mille battaglie di Mugnai: “Come è cambiata Arezzo”
I suoi sono stati gli anni della trasformazione veloce dell’economia locale. “La transizione da un sistema ad un altro è stata eccezionalmente rapida. Nel Novecento le vertenze si trascinavano per anni, se non per decenni. Basta ricordare la Sacfem e la Lebole. Negli anni Duemila tutto è stato più rapido. La storia Lebole, vecchia di quasi mezzo secolo, si è conclusa in poco più di un anno. Quella di Banca Etruria che aveva attraversato non solo il Novecento ma anche l’ultima parte dell’Ottocento, è terminata repentinamente e quasi a sorpresa in pochissimo tempo. Colossi dell’economia provinciale, e non solo, come Cantarelli e Del Tongo sono stati cancellati in pochi anni da crisi improvvise e micidiali. Non si tratta solo di eliminare alcuni nomi dal registro delle imprese della Camera di Commercio ma di assistere – vero dramma per un sindacalista – alla perdita del posto di lavoro per decine di migliaia di donne e di uomini, in gran parte privi di alternative reali. Abbiamo calcolato che la provincia di Arezzo abbia visto la cancellazione dalla carta occupazionale dell’equivalente di una città come San Giovanni».
Storie finite male ma anche storie con esito positivo o comunque non negativo. “La Unoaerre è sempre leader sul mercato orafo, sono nate imprese leader a livello nazionale nei settori a tecnologia avanzata, la presenza di Prada continua ad essere una garanzia. E’ amaro constatare la fine della storia che aveva unito Buitoni e Sansepolcro: adesso dovremo abituarci alla Newlat. Ci sono storie, infine, che sono state cambiate grazie all’impegno e al coraggio dei lavoratori e la Beltrame è una di queste. Ci sono poi storie che continuano e la principale è adesso la Fimer”.
Le trasformazioni veloci possono lasciare macerie. “Arezzo ha ormai due parchi di archeologia industriale abbandonati alle erbacce e alla povertà di chi vi cerca rifugio: l’area ex Unoaerre e la Lebole, vero monumento all’insipienza amministrativa e politica”.
Cambia l’economia, cambia la società, è cambiata la Cgil. «In tutte le vertenze noi abbiamo fatto a nostra parte. Al meglio possibile. Senza la presenza del sindacato, e mi riferisco anche a Cisl e Uil, molte storie avrebbero avuto esito traumatico. In questi anni abbiamo rafforzato la nostra organizzazione e oggi la Cgil è il maggior soggetto di rappresentanza sul territorio. Nella sola provincia di Arezzo sfioriamo i 50mila iscritti con un costante trend di crescita e abbiamo 22 Camere del lavoro più sedi di riferimento in ogni comune”.
La Cgil ha affrontato anche la pandemia Covid. “E’ stata la nostra visione generale, la consapevolezza della storia e dei valori di questo sindacato a farci fare scelte difficili come tenere aperto durante il lock down. Eravamo in pochi: supermercati, poste, bancomat e noi. Lo abbiamo fatto nel totale rispetto delle norme di prevenzione e sicurezza, avendo chiaro che la salute dei nostri addetti e dei cittadini che si rivolgevano a noi era la priorità. Ma non potevamo abbandonare le persone, soprattutto quelle più fragili a loro stesse in un momento drammatico. Hanno trovato moltissime porte chiuse ma non le nostre. Questa è la Cgil”. Un sindacato che in questi anni si è occupato delle fasce deboli della società, ad esempio i migranti. E poi gli invisibili: quelle persone che non solo non hanno diritti ma nemmeno la forza di rivendicarli.
“I primi anni Venti sono stati straordinari – conclude Mugnai. Abbiamo confermato la nostra forza progettuale e la capacità di rappresentanza. Penso che abbiamo anche imparato dagli errori: nostri e degli altri. Adesso andiamo avanti senza aver paura del cambiamento, anzi, promuovendolo. Le persone hanno bisogno della Cgil e questo ci deve dare maggiore coraggio, responsabilità e forza”.
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