Formazione per ingegneri, ripristinato il pagamento. Inarsind: “Ecco cosa c’è che non va”
È di questi giorni la notizia che il Consiglio Nazionale Ingegneri ha determinato il diritto di segreteria per l’anno 2020, necessario per la gestione delle istruttorie, il processo di verifica e validazione delle autocertificazioni presentate e le attività di supporto e gestione dell’attività formativa, fissandolo a sette euro.
Secondo Inarsind, sindacato di ingegneri e architetti liberi professionisti, “pur non rappresentando una novità, dal momento che il diritto di segreteria per l’anno precedente era stato solo sospeso per l’emergenza coronavirus, la circolare non ha mancato di destare malumori di singoli iscritti e di interi consigli provinciali. Se da una parte riteniamo nostro ruolo sindacale rifuggire da facili operazioni di mera protesta, dall’altra crediamo di non dover mancare a svolgere una riflessione sul complessivo argomento riguardante la formazione, nella speranza di trovare nei liberi professionisti ma anche nell’istituzione professionale interlocutori attenti, capaci di andare oltre la prima sensazione“.
“Nell’ambito della propria attività professionale, che si occupa e preoccupa di fornire alle esigenze della committenza risposte adeguate allo sviluppo tecnico e alla bulimica produzione normativa, riteniamo che la formazione e l’aggiornamento rappresentino un obbligo deontologico ineludibile. Per quel che la normativa vigente in materia richiede circa l’obbligo di formazione, poter autocertificare 15 crediti su 30 annuali richiesti rappresenta per gli ingegneri – inutile nasconderlo – un privilegio. La gestione delle istruttorie e il processo di verifica e validazione sono un modo per garantire all’esterno che non diventi anche una burla.
Se la richiesta di sette euro desta così vivaci proteste forse è perché viviamo un momento in cui ogni goccia fa traboccare un vaso colmo di insensibilità e autentiche discriminazioni nei confronti della libera professione. Magari anche per questo, ancora per un anno, si sarebbe potuto derogare alla richiesta della contribuzione (seppure volontaria), visto che è dovuta solo in seguito all’adesione all’autocertificazione.
Su oltre 130.000 iscritti alla piattaforma, una previsione – crediamo per difetto – del 50% all’autocertificazione produrrebbe un introito di oltre 500.000 euro. Siamo certi che saranno impiegati per le finalità riferite nella circolare, ma allo stesso tempo ci chiediamo se un tale servizio non sia eccessivamente costoso, specie se riferito alle attività di supporto e gestione delle formazioni troppo spesso generaliste a cui abbiamo assistito nel corso dell’ultimo anno, forse favorite da un eccessivo desiderio di garantire l’acquisizione di crediti in un momento così difficile come questo, segnato dal Covid-19, ma non meno criticabili per i contenuti.
Si è trattato pure di webinar gratuiti, ma è il caso di puntualizzare che ogni ora di corso anche gratis ha un costo per un libero professionista, il costo dell’ora di ingegneria che avrebbe impiegato presso il proprio studio. Non tacendo che il tempo è il bene più prezioso che possediamo, non può e non deve essere sprecato. Contenuti e validità di un corso di formazione non possono esaurirsi nell’acquisizione dei crediti utili ad adempiere l’obbligo di legge, devono essere autenticamente importanti.
Circa otto anni fa, all’approvazione del regolamento sul rispetto dell’obbligo di formazione, il Cni dapprima ne elaborò un modello per il quale nessuna formazione è possibile se non sotto la propria egida o sotto quella degli ordini provinciali, salvo poi, rendendosi conto che la formazione e l’aggiornamento si possono fare anche altrove, di fatto consentire al professionista di autocertificare il suo percorso di apprendimento. Nel corso degli anni la formazione è diventata l’attività principale all’interno degli ordini e, altrettanto spesso, è a pagamento. Il che non può essere considerato uno scandalo, perché presuppone risorse umane di valore e organizzazione.
A fronte dello scalpore destato oggi a seguito della richiesta di sette euro, ci chiediamo però se non sarebbe stato meglio ispirarsi ad altro, prevedendo la netta separazione tra controllati e controllori, riservandosi il secondo dei ruoli. Non sarebbe stato preferibile affidare a strutture esterne la verifica della qualità della formazione erogata e il controllo a campione delle autocertificazioni? Si sarebbe evitato così di diventare registi, attori e spettatori nel mercato della formazione che si è generato e all’interno del quale oggi si è ancor più trascinati, producendo la convinzione che, in fondo, si tratta di trovare un modo per auto-attribuirsi questi crediti.
Certo, se così fosse andata anche una simile attività oggi avrebbe richiesto lo svolgimento di un servizio di valutazione e controllo e, quindi, la necessità di un’organizzazione che sarebbe stata vista come autentica attività istituzionale a garanzia della tutela della preparazione, del tempo e del denaro degli iscritti”.