Amuchina virus
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Le confezioni piccole, quelle da portare in tasca e usare ogni volta che viene stretta controvoglia la mano a qualcuno, erano terminate. Ne restavano poche confezioni da 500 ml, ed era in corso tra gli astanti un dibattito sulla scomodità di portarsi dietro un bombardone di queste dimensioni. Li ho guardati con molta attenzione e compassione, magari sono gli stessi che si fanno fuori un paio di pacchetti di sigarette al giorno, oppure sono tra quelli che bevono alcolici e superalcolici come fossero bicchieri di spuma bionda. Mi sono anche chiesto se qualcuno dei tanti, che si fanno travolgere dal panico incontrollato, è a conoscenza del fatto che il coronavirus è una pandemia globale paragonabile alla malaria, alla Sars, alla tubercolosi, all’Hiv. Magari sono gli stessi che passano con il rosso, mettendo a rischio la vita altrui, perché hanno fretta di arrivare cinque minuti prima in un posto, da qualche parte, per poi accorgersi di non avere un cazzo da fare. E pensare che delle vittime della strada se ne parla poco o niente: nel 2018 hanno perso la vita sulle strade italiane 3325 persone, tutte a causa dell’imprudenza, dei limiti di velocità non rispettati, dei conducenti che si erano “conciati” come lazzaretti dopo aver tracannato e assunto stupefacenti come se non ci fosse un domani. Adesso però sono tutti impauriti come teneri agnellini, progettano il fine settimana a Medjugorje e recuperano da qualche cassetto il santino impolverato di Padre Pio. Sono le contraddizioni di un paese che è da sempre emotivamente instabile. Il panico per adesso è il vero pericolo da evitare, ma inevitabilmente tra pochi giorni pronto soccorso e ospedali andranno in tilt, presi d’assalto da persone che scambieranno una banale influenza, un colpo di tosse o un semplice starnuto con i primi letali sintomi di questo virus arrivato dalla lontana Cina. Prepariamoci al delirio crescente, una buona parte dei miei colleghi giornalisti, come spesso accade, ha grosse responsabilità.