Di quando si capiva da quale parte stesse la sinistra
Dalle ultime elezioni sono cambiate molte cose, tuttavia i risultati di allora continuano a bruciare come piombo fuso. Gli studiosi di queste cose ci dicono che gli operai allora scelsero per il 37% i Cinque stelle e per oltre il 40% la coalizione di centrodestra, mentre al Pd e ai suoi alleati sono rimaste le briciole: il 15%. Tra i disoccupati, dove c’è stata fortissima astensione (uno su tre), il 40% ha scelto il centrodestra e un 37% il M5s, lasciando al Pd e ai suoi alleati il 10%.
In altre parole la sinistra è ultima tra gli ultimi. Una contraddizione, visto che l’obbiettivo di una forza di sinistra dovrebbe essere quello di dare voce a chi non ne ha e di combattere le disuguaglianze che attraversano la società.
Eppure di cose da dire ve ne sarebbero tante, dalle pensioni ai diritti del lavoro, dalla salute alle contraddizioni tra sviluppo e ambiente. E tante altre cose ci sarebbero! Cose semplici. Invece se ne parla poco e quando se ne parla sembra di assistere ad un convegno di scienziati: tecnicismi, parole inventate, termini astrusi. Si è deciso di puntare su temi come l’innovazione tecnologica, i diritti civili, l’integrazione europea, la globalizzazione, con una narrazione ottimista delle trasformazioni dell’economia e della società contemporanea che in molti non avvertono. E così si ragiona di temi importanti, ma lontanissimi dal sentire comune delle persone normali, quelle persone che si alzano presto, che vanno a fare la spesa al supermercato e la sera hanno voglia di un film.
E proprio di un film voglio parlare, l’ha programmato qualche giorno fa la Rai. Si intitola la “La classe degli asini” ed è ispirato alla vicenda di Mirella Antonione Casale e della sua lotta per l’inclusione dei disabili nella scuola nella Torino degli anni sessanta. Ebbene, a quel tempo, si capiva da quale parte stesse la sinistra e ci stava con una elaborazione culturale e con una visione del mondo. Oggi invece assistiamo a messe laiche celebrate da sacerdoti di culti oscuri, che forse vanno bene per le minoranze acculturate, ricche e spensierate delle grandi metropoli ma che non arrivano al cuore della gente. E tutto questo avviene dentro un clima ostile, dove basta accendere la TV o navigare nei social per capire la giustezza delle intuizioni di Pasolini sul rapporto tra tv mass-media e omologazione. No, cari amici, non sono tempi belli per la sinistra. E con questo vi saluto.