Francesca Colavita ha isolato il Coronavirus: precaria, guadagna 1.500 euro al mese
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L’orgoglio e il senso di patriottismo si risvegliano, viene da pensare che nonostante i mille problemi questo paese riesce ancora ad esprimere delle eccellenze, che alla fine qualche speranza esiste. I politici colgono la palla al balzo, gonfiano il petto, si sperticano in elogi e apprezzamenti. Poi dopo l’ondata emotiva leggi l’intervista su Repubblica a Francesca Colavita, una delle ricercatrici che hanno conquistato le pagine dei giornali e scopri che da sei anni lavora per lo Spallanzani come precaria a 1.500 euro al mese. Non solo, ma nel corso dell’intervista indirizza critiche e frecciate al mondo della politica per via dei finanziamenti per la ricerca e l’Università sempre più scarsi. Francesca svolge questo lavoro con grande passione tra mille difficoltà:
“Non voglio andare all’estero. Mi piace quello che faccio e dove lo faccio. Ma in Italia è dura, capisco quelli che se ne vanno. Spero davvero che la situazione migliori”.
Penso all’enorme quantità di persone che vivono e lavorano in condizioni precarie in Italia, a tutti coloro che non sono messi in condizione di esprimere le loro capacità. Nel nostro paese la parola “meritocrazia” è defunta da tempo, il funerale è stato celebrato da una trentina d’anni, ad officiarlo una classe politica composta da ladri di polli, soggetti impresentabili che hanno preso in ostaggio la democrazia. La colpa è la nostra che ogni volta li andiamo a votare, che ad ogni tornata elettorale ci facciamo anestetizzare il cervello dalle loro fandonie. Ad maiora semper!