Il bue non diventa re entrando nel palazzo
Quel proverbio contiene una grande verità e mi domando se possa valere, oltre che ad Istanbul, anche a Roma. La risposta è affermativa. Basta pensare agli “strateghi” della politica che in questi giorni folleggiano su giornali, social e in Parlamento. Generalissimi del nulla che hanno trasformato l’elezione del Presidente della Repubblica in un campo di battaglia dove non si confrontano, come un tempo, giganti e titani ma armate di nani e orchi, nemmeno fossimo in un romanzo di Tolkien. E le “povere” istituzioni che fine fanno? Somigliano sempre più a un tagadà che gira così veloce da mettere a capo di sotto perfino la seconda carica dello Stato. Nel contempo, giusto per non farsi mancare nulla, si macinano nomi come fossero noccioline, tra il plauso e il sarcasmo di schiere ormai esigue di tifosi, mentre la gente comune ha ben altri pensieri per la testa. Alla fine che succederà? Non è dato sapere, perché oggi la debolezza della politica è tale da non consentire previsioni. Può darsi che, arrivati all’ultimo salto, come accadde un tempo con il caos primigenio, venga fuori qualcosa di buono. Una cosa in tutto questo gran casino è sicura: “Il bue non diventa re entrando nel palazzo”.