Il gioco perverso tra politica, informazione, social media e consenso
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E’ ormai rimbalzato sui media nazionali lo “scandalo” provocato da una installazione presente in mostra, dove un artista ha colorato di rosso un cesso alla turca, apponendo i simboli della bandiera (mezzaluna e stella) accanto al foro di scarico.
La presenza del cesso, denominato “turca autentica”, ha scatenato un putiferio, fino al punto che l’ambasciata di Ankara ha protestato, è intervenuto il governo nazionale e l’opera è stata ritirata dalla mostra. Fin qui la cronaca.
Io credo che il cesso in questione non andava ritirato, semplicemente non doveva far parte della mostra. Forse occorreva una maggiore attenzione nel selezionare i lavori. Tanto più che la mostra era stata presentata come una collettiva dei migliori artisti del panorama nazionale e internazionale, destinata a fotografare lo stato dell’arte contemporanea in Italia che dialoga con il tema della fede, dell’anima e dello spirito.
Che cavolo c’entra un cesso colorato di rosso con la fede, l’anima e lo spirito? Forse c’entra con il corpo, ma non con il resto.
Mi si dice “è libertà artistica, è una provocazione”. Provocazione lo è di sicuro, tant’è che i turchi si sono leggermente incavolati. Tuttavia di provocazioni di questo tipo in campo artistico, letterario, giornalistico ne farei volentieri a meno. Per chiarirsi, come italiano mi sono sentito offeso quando in una copertina, del settimanale tedesco Spiegel, veniva mostrato, parlando dell’Italia, un piatto di spaghetti con sopra una pistola. Così come mi sono indignato quando il francese Charlie Hebdo ha fatto satira sulle vittime del terremoto del Centro Italia. Sarò pure antico, ma non mi piace la presa in giro delle religioni, dei morti, dei Santi, del Papa e di Maometto. Ribaltando la prospettiva: a chi sarebbe piaciuta una tazza del WC con i colori della nostra bandiera?
Attenzione dunque, perché la voglia di essere per forza sulla cresta dell’onda se, da una parte, paga in termini di pubblicità, dall’altra non ripaga in termini di serietà. Cosa c’è di serio, per esempio, a inaugurare “per un capriccio del sindaco”, come ha dichiarato Sgarbi, una mostra che nessuno potrà visitare viste le restrizioni imposte dal covid?
La ragione è tutta nel gioco perverso che s’è creato tra politica, informazione, social media e consenso. Come diceva Oscar Wilde “c’è una sola cosa al mondo peggiore del far parlare di sé, ed è il non far parlare di sé” e devo dire che alcuni amministratori questo insegnamento l’hanno imparato fin troppo bene, salvo poi inciampare in situazioni imbarazzanti come quella del cesso alla turca. Ma anche l’imbarazzo conta poco, quello che vale è la risonanza mediatica, il far parlare, fregandosene delle conseguenze, è impressionante la violenza con cui alcuni se ne fottono di tutto e di tutti.
A questo punto venga pure, come ha suggerito il professor Sgarbi e raccolto dagli amministratori castiglionesi, l’ambasciatore turco in visita a Castiglioni, magari con un seguito di odalische e giannizzeri. Ormai siamo allo spettacolo per lo spettacolo, anzi all’avanspettacolo, dove alla chiusura assisteremo, giusto per richiamare ancora pubblico, a una riedizione in chiave amministrativa del peto finale di Pierino-Alvaro Vitali alla supplente che lo interroga sulla botanica dei fagioli, a cui seguirà la scritta “Fine”. Metafora di un Paese, che ha scelto di rigenerarsi autodistruggendosi.
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