Il sonno della storia genera mostri

Il presidente del Senato La Russa ha deciso di uccidere la storia a partire da un singolo atto: l’attentato di Via Rasella, che portò alla rappresaglia delle Fosse Ardeatine.
Lo schema è semplice: se l’attentato di via Rasella fu «un’azione indegna», la rappresaglia fu in parte giustificata e l’epica della lotta di liberazione (che ha avuto anche tante ombre) va rivista alla luce dei suoi errori.
Dentro questo schema i disgraziati morti di via Rasella, li definisco così perché alla fine erano dei poveri cristi, diventano un grimaldello per scardinare una delle chiavi di volta della Costituzione Repubblicana. Questo non significa che gli accadimenti di quel tragico 23 marzo del 1944 non meritino una riflessione più attenta.
Era necessario l’attentato di via Rasella? Era necessario far esplodere un carretto dell’immondizia con 18 chili di tritolo al passaggio di una colonna di altoatesini inquadrati nella polizia tedesca?
Forse non era utile sul piano militare e tuttavia fu un atto militare come ha riconosciuto la stessa Corte di Cassazione quando ha stabilito che l’azione dei Gap fu «un legittimo atto di guerra rivolto contro un esercito straniero occupante e diretto a colpire unicamente dei militari».
Il terzo Battaglione Bozen, che fu il bersaglio dell’attentato, faceva parte di un Polizeiregiment, battaglioni di polizia creati da Himmler, il capo delle SS. E il quindicesimo reggimento di polizia, che precedette a Roma i soldati della Bozen, prese parte al rastrellamento degli ebrei il 16 ottobre del 1943.
Eppure in me qui morti suscitano pietà. Sono essi stessi vittime, persone con un’età media alta per dei militari,33 anni. Il più giovane aveva 28 anni, il più anziano 42. Erano altoatesini, scaraventati dalla follia della guerra dalle valli alpine a Roma. Tutte cose che inducono alla compassione ma possono i fatti essere neutri rispetto alle circostanze? Possono esse svincolati dalla guerra mondiale, dalla guerra di liberazione, dalla guerra civile?
Il Presidente La Russa è troppo abile e troppo scaltro per essere caduto in un incidente lessicale, sapeva perfettamente che si sarebbe alzata la bufera. Dunque perché l’ha fatto?
Forse, come dice qualcuno, sollevare una cortina fumogena impastata di ideologia serve a nascondere gli insuccessi del governo? O forse per davvero, avvicinandosi il 25 aprile, l’antica passione gli ha forzato la mano? Solo lui può dirlo. Visto che ha giurato sulla Costituzione antifascista sarebbe profittevole che qualcuno gli ponesse una semplice domanda: «Presidente perché lei non è fascista?» La risposta, o di converso il silenzio, sarebbero entrambe degne di studio.

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