Lasciate ogni speranza per il dopo pandemia
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Già, lasciate ogni speranza, voi che avete creduto che il “dopo pandemia” ci avrebbe regalato un mondo nuovo, fatto di luce, solidarietà e altruismo. Pia illusione, le premesse non sono belle. Guardate agli ultimi provvedimenti economici perché è quella la roba che conta, il resto sono chiacchiere. Ebbene, non vanno di sicuro nella direzione di una maggiore giustizia sociale, né tanto meno servono a contrastare la deriva del mondo del lavoro. Insomma mi pare di vedere che c’è un pezzo di paese, quello che sta peggio, che viene sacrificato a chi sta in alto. È la riedizione, in digitale, di un vecchio film.
Qualche esempio? La rimodulazione delle aliquote Irpef che funziona al rovescio rispetto alla fiscalità progressiva. Per non parlare delle pensioni, dove ormai la colpa delle persone sembra esser quella di non crepare passati i sessanta e così in Italia avremo l’età pensionabile più alta d’Europa. E sono i numeri non la fantasia a dirmi che l’Italia è l’unico paese Ocse che negli ultimi 30 anni ha visto diminuire il livello dei salari.
Di fronte a questi scenari credo che non sbaglino di tanto coloro che sostengono che vi sia ormai una distanza siderale tra la gente semplice e una classe politica che sembra vivere, come nel film Oblivion, in una torre a 1000 metri di altezza. Per questo la normalizzazione indotta dalla pandemia non mi piace. È una normalizzazione che trasforma il cibo per cani in bistecche e tuttavia trova un po’ ovunque degli estimatori, estimatori interessati sia ben chiaro. Sono quelli che in questa normalizzazione, che abbuia tutto e mette tutti sullo stesso piano, ci stanno come topi nel formaggio. Sono quelli che giorno dopo giorno trasformano le istituzioni in grandi luna park dove il più bravo è quello che fa più rumore. Guardatevi intorno, chiunque abbia un minimo di potere, foss’anche il presidente della “Società del lezzo” si sente un reuccio. E nel bailamme quotidiano la politica s’annulla, antico simulacro di un mondo che fu.