Non starò mai zitto davanti alle cose sbagliate
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Potrebbe essere il capitolo di un programma politico. Se penso alle ambasce in cui si dibatte la sinistra italiana ed in particolare il PD, la frase di LeBron assume il significato di uno spartiacque. Perché, di fronte alle cose sbagliate, di fronte alle ingiustizie, di fronte alle disuguaglianze non è permesso essere un po’ di qua e un po’ di là, non è consentito tacere.
E commette peccato mortale, dal punto di vista politico e dell’etica pubblica chi a Firenze, come a Roma, nel mentre il disagio economico e sociale cresce, si perde in beghe su nomi e ruoli, facendo assumere ai destini personali un peso che non meritano. Un peso che nell’economia della storia, quella vera, conta meno di una piuma al vento. Di quei destini, alla gente comune, che ha la mente occupata in cose ben più importanti: lavoro, salute, destino dei propri figli non gliene frega niente.
Diventa dunque un dovere gridare, come ha fatto LBJ: “Non starò mai zitto davanti alle cose sbagliate”.
Non stare zitto, significa non accettare un modello economico che ci sta portando non solo alla rovina sociale (pochi ricchi e tantissimi poveri), ma alla rovina ambientale, con pregiudizio per l’avvenire di tutti.
Non stare zitto significa far emergere il motivo per cui il PD e la sinistra vengono votati nei centri e nei quartieri “alti” e assai poco nelle periferie.
Non stare zitto significa capire perché pochi, tra le menti migliori, tra chi ha voglia di cambiare riesca a intravedere un punto di approdo a sinistra.
Qual è il motivo per cui un giovane (o anche uno meno giovane) dovrebbe avvicinarsi a una sede del PD? Per essere arruolato nelle logiche correntizie? Per entrare a far parte di un mondo dove il merito è subordinato alla fedeltà? No, non è questo quello che avevamo sognato. Occorre ripartire dai fondamentali, dall’ABC della politica che è fatto di studio, fatica quotidiana, capacità di parlare, ma soprattutto di ascoltare. Qui come nei palazzi romani, c’è bisogno di suonare uno spartito diverso. Ma uno spartito ha bisogno di note armoniose e di interpreti capaci, ecco allora che ritorna pressante come non mai il tema dell’identità, della cultura come base, della capacità di “separare il grano dal loglio” perché, dobbiamo riconoscerlo, oggi siamo nella scomoda posizione del poeta che scrisse “dirti, ciò che non siamo, ciò che non vogliamo”.