Riapertura dei ristoranti, una grande prova di maturità civica

In questo difficile frangente, la riapertura delle attività di ristorazione ci offre la misura di come le circostanze, talvolta, non coincidano con i nostri desideri. E’ vero, c’è una stridente contraddizione sul fatto che sia consentito, in talune situazioni, il consumo dei pasti per pranzo e non sia ammesso per cena, così come gli assembramenti fuori dai locali stonano con il divieto di consumo sul posto. Tuttavia io non dimentico quanto accaduto quest’estate quando, a fronte di una timida riapertura, si è assistito alla baraonda più completa. La questione irrisolta sta, come sempre, nel rispetto delle regole. Se queste ultime fossero applicate in maniera coerente, probabilmente non vi sarebbero troppi ostacoli alla ripartenza dei locali. Personalmente considererei la riapertura dei ristoranti una grande prova di maturità civica, tanto più che le attività si sono adeguate alle norme indicate dai vari protocolli sanitari. E’ una sfida che questo paese deve accettare per uscire una volta per tutte da una adolescenza sociale che sembra impregnare ogni fibra della collettività. La stessa ritrovata assennatezza dovrebbe valere per teatri, musei e attività culturali. Non è possibile che ad attività che si possono controllare con facilità, sia impedito di lavorare.
In ogni caso ci vuole, accanto alla maturità della gente, altrettanta saggezza di chi, per ruolo istituzionale e politico, pretende di rappresentare intere comunità. Non è ammesso giocare due parti in commedia: gli stessi che oggi predicano la riapertura, sono gli stessi che hanno chiuso e chiudono un occhio su assembramenti e palesi violazioni delle regole.
Io preferisco mille volte un ristorante aperto, con norme rigide e precise, ad un assembramento di decine di persone in piazza, magari favorito dalla volontà politica di chi si tappa gli occhi per non vedere. Detto questo, è bene chiarire che con la salute non si scherza. Per questo sono sconcertato nel sentire esponenti di categorie economiche che, invece di far prevalere la ragione, eccitano gli animi. Quasi che la colpa del virus fosse della politica e delle istituzioni. Il Covid non l’ha portato la Lega in Veneto o in Lombardia e non l’ha portato il PD in Toscana o in Emilia. Altra cosa è dire che si poteva fare meglio. Il Covid ha tragicamente mostrato come sia importante una sanità pubblica efficiente, legata al territorio. Il contrario di quello che in tanti proclamavano, pensando che la salute si potesse privatizzare e che, alla fine, ogni cosa, compresa la vita delle persone, avesse un valore sul mercato.