Sciopero generale, il nodo è politico
La questione va oltre la precettazione dei lavoratori dei trasporti, il NODO È POLITICO: è il ministro Salvini ad aver scoperto le carte quando ha dichiarato di voler mettere mano alla legge sul diritto allo sciopero. Parole in verità smentite subito dopo dal Capo del Governo: «non è intenzione del governo modificare la normativa».
Tanto rumor per nulla?
No, Salvini non è uno sciocco e sa che intestarsi una battaglia contro una parte dei sindacati non è così impopolare in una fetta di opinione pubblica. Un po’ come fece a suo tempo Margaret Thatcher in Inghilterra, anche se tra il “Capitano” e la “Lady di ferro” ci corre come tra il giorno e la notte.
Salvini si può concedere l’affondo perché i Sindacati, al pari dei partiti e di tante organizzazioni intermedie, scontano un indebolimento “politico” dovuto ai cambiamenti nella struttura produttiva, nella organizzazione del lavoro, alle modifiche del senso comune e delle attese della gente.
Per questo ci sarebbe da interrogarsi se lo sciopera sia ancora davvero un’arma per i lavoratori.
Per esempio nel settore pubblico, gli scioperi danno una mano alle casse dello stato e nel privato uno sciopero costa parecchio ai dipendenti e li espone anche a possibili ritorsioni. E queste considerazioni pesano nella testa della gente quando i salari sono bassi e il lavoro bisogna tenerselo stretto.
Forse sarebbe arrivato il momento di pensare a forme di protesta più efficaci che non incidano in tempi di crisi sulla busta paga dei lavoratori.
Un grande potere dei cittadini sta nel fatto che sono anche consumatori e che quindi possono decretare il fallimento o il successo di qualsiasi impresa.
Il famoso sciopero del tabacco in Lombardia durante il Risorgimento mise in crisi gli Austriaci. Come pure la marcia del sale o il boicottaggio dei tessuti inglesi promossi da Gandhi in India fecero cambiare opinione alla amministrazione coloniale.
Cosa succederebbe se un sindacato invitasse i propri iscritti a bloccare tutti gli acquisti non essenziali per un paio di settimane, oppure se lanciasse il boicottaggio dei brand che non sostengono apertamente le ragioni dei lavoratori; o se suggerisse il ritiro di contanti da tutti i bancomat in un giorno prestabilito; oppure se invitasse i lavoratori in agitazione a guidare a bassissima velocità o ad attraversare lentamente i passaggi pedonali per bloccare il traffico (come fanno abitualmente camionisti e taxisti in agitazione).
Sarebbero tutti modi per sostenere le ragioni dei lavoratori, con effetti molto più incisivi di uno sciopero.
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