Una grande opportunità: da Draghi un incentivo al turismo slow

Lo spero, ma non lo credo, poiché la natura di certi personaggi è dura da cambiare, specialmente quando hanno ben poco da offrire oltre al linguaggio del corpo, la petula arroganza e la battuta volgare. In ogni caso, se è vero che una rondine non fa primavera, prendiamo come un segnale positivo il rispetto con cui sono state ascoltate le parole di Draghi. Tra le tante cose dette, vorrei soffermarmi sul passaggio che riguarda il turismo. Un settore economico che rappresenta e rappresenterà vieppiù in futuro una voce importante della nostra economia locale. Un settore in grande sofferenza, le stime parlano di più di 50 miliardi di perdite, che però, se la ripartenza verrà ben preparata, sarà tra i primi a riprendere vigore.
Il Presidente del Governo ha detto che il modello di crescita del turismo dovrà cambiare: “Il nostro turismo avrà un futuro se non dimentichiamo che esso vive della nostra capacità di preservare, cioè almeno non sciupare, città d’arte, luoghi e tradizioni che successive generazioni attraverso molti secoli hanno saputo preservare e ci hanno tramandato”.
Una indicazione che richiama il valore dei territori come patrimonio comune che supera, in valore, le logiche di mercato. Ma c’è qualcosa di più. Il modello proposto indica con chiarezza il tema della rivalutazione delle località minori e delle parti meno conosciute della nostra bella penisola. Da qui nasce una grande opportunità anche per noi. Una opportunità che tuttavia non possiamo dare per scontata. Se i finanziamenti arriveranno, essi non cadranno come manna nel deserto, per intercettarli ci vogliono idee e progetti. Come l’estensione dei percorsi ciclabili (grande idea quella delle ciclovie toscane), il rafforzamento delle reti museali minori, i cammini (con innesti nei grandi flussi dei percorsi dello Spirito, da noi la via Francescana e la Romea- teutonica). E insieme ai progetti, la capacità di costruire relazioni per valorizzare enogastronomia, cultura, accoglienza. Per questo rimango perplesso quando, di fronte a questi scenari in mutamento, c’è chi pensa di rinchiudersi dentro le proprie mura con la convinzione, errata, che ogni comune debba e possa fare da sé. E’ anacronistico che ogni amministrazione comunale s’inventi il proprio ufficio del turismo, ritagliandosi uno spazio di presunta autonomia che alla fine, oltre che cozzare contro le norme regionali, è solo indice di provincialismo. La sfida della “nuova ricostruzione” di cui parla Draghi nasce dalla collaborazione, dall’interazione, dal raccordo con le categorie economiche (in primo luogo quelle dell’agricoltura e dell’artigianato) e con l’associazionismo sportivo e culturale. Purtroppo il modello che viene avanti in talune amministrazioni della nostra provincia è quello del “fai da te”, senza capire che ormai il mondo è collegato da una rete invisibile di relazioni e che per rispondere adeguatamente alla sfida c’è bisogno di fare corpo unico e non di dividersi. Un solo esempio le piste ciclabili, che rappresentano una dorsale importante del turismo slow; siamo convinti che ogni amministrazione possa gestire il suo piccolo tratto senza avare una visione d’insieme? Lo stesso si può dire dei percorsi naturalistici, della promozione, delle vie dell’arte, della rete di strutture di accoglienza e ristoro. Se non superiamo l’idea dell’autopromozione, che spesso diventa solo promozione di qualche amministrare locale, rischiamo di perdere una bella opportunità.

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