Buoni propositi per il nuovo anno aretino senza il calendario di Banca Etruria e senza la stazione
Cominciamo con il resoconto del Natale aretino che anche quest’anno ha rispettato in pieno le tradizioni, sia sacre che profane. Per quanto riguarda il profano, in generale i pranzi di Natale in famiglia hanno seguito quello che la tradizione aretina insegna. Un buon letto dove traventare giacconi quando l’attaccapanni è pieno, senza usare il divano che “serve” nel dopo pranzo. Poi i primi assaggi di nascosto (o dichiarati “solo per sentire se van bene”) ai vassoi di crostini neri, bianchi e al tonno, messi imprudentemente in tavola. E poi il via coi crostini rimasti, il bollito, tortellini passatelli o altro in brodo, i secondi, i dolci lo spumante, e con gli sfondi che chiedono anche la frutta con la scusa che l’ananas brucia i grassi. Poi il caffè, nel vago tentativo di rimanere svegli, perché già allo scarto dei regali la bafagna post mega pranzo è arrivata. E qui entra in gioco il divano prudentemente lasciato libero, dove a piena capienza ci si sdraia e presto arriva la famosa “cipressina” di sonno da abbuffata, assumendo nel divano la posizione di testa che si ha al lavaggio testa dal parrucchiere e di bocca la stessa posizione dal dentista. In pochi cacano chi dice “Alò se sparecchia poi se gioca a qualcosa” perché a quel punto la “cipressina” ha ormai raggiunto le dimensioni dei cipressi di Bolgheri, tanto cari al poeta Carducci. Al cumbrugliume qualcuno ha il coraggio di dire “Alò se fa due passi per digerire”, ma dato il pranzo, per farlo bisognerebbe arrivare a piedi a Pontenano. A quel punto viene mandato a cacare chi dice: “Ma a cena che se fa?” e il Natale è terminato con qualche spicciolo in tasca per una cinquina divisa a metà o per il secondo premio vinto con il Bersagliere al mercante in Fiera. Per quanto riguarda il sacro, in città ha tenuto banco la famosa vicenda avvenuta alla vigilia nella chiesa dell’Orciolaia, dove pare che il Sacerdote abbia negato l’Eucarestia ad una fedele arrivata in ritardo alla Messa e oltretutto distratta nel realizzare video col cellulare. Molte le versioni sui fatti, chi a difendere e chi ad accusare il parroco. Pare comunque che il nome “Orciolaia” sia una storpiatura di “Orologiaia” dovuto al fatto che già due secoli fa vi fosse lì un negozio di orologi per fare evitare alla gente di far tardi alla Messa. Sempre all’Orciolaia in quell’epoca, i Re Magi erano stati scartati dal Presepe perché non avevano fatto in tempo ad arrivare per Natale, mentre chi arrivava tardi alla recita della Passione gli davano 30 denari (finti) e gli facevano fare Giuda, o al limite Gesù, ma solo nella scena della flagellazione.
Alla recita di Cenerentola, dopo la mezzanotte, se Cenerentola tardava, non solo perdeva la scarpetta ma gli facevano barullare tutte le scale. Tornando ai giorni nostri, va detto che, arrivando alla Messa in ritardo e non contenti, fare dei video durante la cerimonia non è il modo ideale per approcciarsi bene all’Eucarestia, e quindi si è cercato forse un pretesto per far emergere dissapori col Parroco Don Danilo. E se fosse quello, le condizioni per ricevere l’Eucarestia probabilmente non vi erano più, indipendentemente da Don Danilo. L’appello che comunque ci sentiamo di fare è quello che, dalle parti dell’Orciolaia, in caso di ritardi, meglio rivolgersi dal ginecologo che in Parrocchia! (Si scherza eh!)
Dopo lo studio nazionale sulle parole più ricercate dagli italiani su Google in questo 2023, una indagine più accurata ha messo in evidenza gli abbinamenti di parole effettuate dagli aretini in questo anno. Ecco che la parola “monopattino” è stata abbinata a “strainoni”, la parola “pochi” a “autobus e treni” e la parola “bagni pubblici” a “schianto” o “me la faccio adosso”. Per i turisti invece il vocabolo aretino più volte tradotto è stato “Vicce” in relazione alla frase “Te tocca vicce a piedi” quando non trovavano parcheggi in centro e “Sesanasega” quando chiedevano perché era chiuso l’Anfiteatro e quando riapriva.
Patrizio Bertelli colpisce ancora!
Infatti, dopo gli acquisti della Buca di San Francesco, del Caffè dei Costanti e della Edicola di Piazza San Iacopo, l’imprenditore aretino ha investito ancora su Arezzo e ha acquistato il famoso ristorante La Capannaccia. Ormai Bertelli non si ferma più, e non ci stupiamo su eventuali investimenti futuri. Per riconoscenza ad Arezzo, d’ora in poi, si potrà dire “Te do una cignata!” solo se la cigna in questione l’hai comprata da Prada e il modo di dire “Fatti da una proda” presto si dovrà modificare in “Fatti da una Prada”. Ci sentiamo a questo punto di fare un appello al Comune di riverniciare tutte le strisce pedonali cittadine perché, oltre ad averne bisogno, se Bertelli continua ad investire così tanto in città va a finire che ci investe anche a noi! L’unico consiglio che ancora una volta facciamo a Patrizio Bertelli è quello che dato che ha comprato la Buca di San Francesco, di non comprare tutte le altre buche che ci sono al giro in città… altrimenti, nonostante il suo patrimonio, rischia la bancarotta!
Fine anno, tempo di calendari nuovi. Essendo da anni assente quello di Banca Etruria, fatto sparire insieme alla Banca e avendo quello di Barbanera toppato la previsione del 2023, dato che aveva previsto su Arezzo aria di novità e invece di novità se n’è viste poche e di aria nuova è arrivato il puzzo, a quel punto a Barbanera di nero più che la barba gli andava fatto un occhio. E quindi il calendario più ricercato ad Arezzo è quello di Frate Indovino. Che si distingue in diverse versioni. C’è la versione di Frate Indovino per chi non sa dove mettere i monopattini (Frate in do vano messi), la versione per astemi (Frate indo… senza vino), la versione per tossici (Frate Endovena), la versione sul Sindaco (Frate indosarà), la versione per trovare i bagni pubblici in città (Frate indosefa) e la versione per chi nel 2024 vorrà prendere tutto (Frate Indocoiocoio).
Nel frattempo in città si fanno i propositi per il nuovo anno. Tra questi i più chiesti al 2024 sono di farci uscire da qualsiasi tunnel oscuro, compreso quello del nuovo sottopasso Baldaccio. Di farci sentire più buoni anche se ci s’ha le cuffie agli orecchi. Di farci camminare sempre a testa alta, anche se con tutte ‘ste buche è bene guardare in terra. Di essere pronti a prendere ogni treno che passa, anche se ne passa pochi e la Stazione non si sa dove la fanno. Di darci la salute per andare in culo alla Regione che non ci dà chi ce la cura. Di fare in modo che il 2024 sia stupefacente più di quelli che vengono spacciati a Campo di Marte e ai Giardini del Porcinai. E che il nuovo anno non ci venga a noia anche se dura un giorno in più!
E per finire, consigli per la notte di Capodanno:
Buttate via dalla finestra quello che è vecchio esclusi suocere e suoceri!
Non esagerate coi botti.
Non tirate moccoli che ci pensa lo Scartoni con le sue lanterne.
Non vi presentate alla Festa all’Orciolaia a mezzanotte e un minuto… non si sa mai!