Natale aretino, questione di principi e fegatelli
È stata la settimana di preparazione al Natale e quindi come un albero di Natale che si rispetti, è stata una settimana addobbata di palle, insomma, una settimana pallosa… Pallosa come i fegatelli, per i quali ad Arezzo si è celebrato addirittura un processo, per via di una rissa scoppiata un paio di anni fa in un ristorante del centro, a causa di un litigio dovuto al fatto che nel locale erano finiti i fegatelli. Evidentemente ad Arezzo non si litiga solo per questioni di cuore, ma anche per questioni di fegato, anzi di fegatelli. Il processo si è svolto alla presenza dei legali del cliente del ristorante e di quelli del cameriere. Assenti in aula i fegatelli, che evidentemente, dopo che erano mancati al ristorante, hanno visto giusto di non presentarsi nemmeno in tribunale e forse da questa vicenda sono quelli che sono usciti meglio, anche perché impegnare il Tribunale per una rissa dovuta a fegatelli, significa dargli troppo spago. E quando si da troppo spago ai fegatelli, vuol dire che non ce s’è messo i stecchini.
Settimana pallosa anche per via della pallosa questione della Festa Studentesca al Principe, con molti che ne pretendevano l’annullamento: dai Presidi ai Vigili, all’Assessore, al Sindaco, al Prefetto, al Vescovo, alla Tanti, ad Andrea Scanzi (che sa sempre tutto), a Babbo Natale, a Teletruria, allo Scartoni, a Draghi, a Mattarella (non lo poteva fare perché in semestre bianco), fino anche allo Stregone del Ponte alla Piera, temendo un focolaio Covid per i propri figli. Al di là se sia stato giusto o meno organizzare una festa in questo periodo, va detto che se si temeva per i figli e per la salute in generale, sarebbe stata cosa migliore non farceli andare. Con noi i nostri genitori erano convincenti per molto meno e senza mai usare mani o voce grossa. Altri tempi, per carità, ma era questione di principio… più che di Principe! Va detto che ora purtroppo le discoteche (e le discussioni) chiuderanno per un mese e a ballare si potrà andare solo in feste private, a numero chiuso e col tampone. Se nella favola Cenerentola il ballo col Principe (non la discoteca) fosse stato a numero chiuso e col tampone, è probabile che Cenerentola, alla fata che gli donò il vestito e la carrozza per andare a ballare, dicesse: “Oh fatina… va’ a cacare te, il vestito, la carrozza, le scarpette, la matrigna e il Principe (anche stavolta non la discoteca). E la bacchetta mettitela in… tasca!”
Settimana pallosa, anche per via di questo maledetto Covid e per tutti gli esperti in materia che pullulano. Ormai tutti gli studiosi a livello mondiale stanno concentrando su Arezzo le proprie ricerche, analizzando anche malattie e malesseri presenti solo nel nostro territorio. Ad esempio si è scoperto che “UN ME SENTO LE GAMBE” non è un disturbo dell’udito, ma un eccesso di acido lattico alle articolazioni; invece “ME BRUCIA IL COLLO” non è dovuto ad una forte insolazione o scottatura sotto la testa, bensì ad un’improvvisa voglia di non fare un pene dalla mattina alla sera. Con “C’HO LA TESTA A STRAINONI” si intende difficoltà a concentrarsi in quanto la mente è occupata da varie concentrazioni. Il “ME BALLA I BUDELLI” significa o aver mangiato cibi estremamente calorosi o aver viaggiato in macchina in una delle tante strade cittadine piene di buche. Con “ME RUGGHIA EL CORPO”, se succede a stomaco vuoto è segnale di appetito, se succede dopo un pasto è segnale di defecatio imminente e isterica. Particolare il disturbo chiamato “ME PRUDE LE MANI” che non è dovuto né ad una forma allergica o ad una irritazione cutanea, ma semplicemente alla voglia di “CARCARE” qualcuno. Poi con ” ‘UN ME PIEGO” non si intende una mancata obbedienza a imposizioni o minacce, ma difficoltà a flettere la schiena, mentre con forme più gravi si può arrivare all’ATIP (Appena Trascino I Piedi) frequenti dopo i 40/50 anni.
Invece il “SAREBBI BEL CHE GONFIO” non è legato né ad un’età particolare e né ad un ascesso, ad un gonfiore da trauma o infiammatorio, ma ad uno stato d’animo che nel territorio aretino si manifesta quotidianamente poche ore dopo essersi alzati da letto. E a proposito di letto, chi dorme poco di notte, può essere disturbato da BAFAGNA in vari momenti della giornata. Infine, c’è il “ME SENTO SMUNTO” sconosciuto a luminari di tutto il mondo, in quanto il termine “SMUNTO” è intraducibile al di fuori di Arezzo.
La settimana si sta concludendo con la preparazione dei pranzi di Natale. È facile immaginare in questi momenti le ultime preparazioni, anche ai dettagli. La giornata comincerà presto, con qualcuno di casa che si sveglierà per primo con la scusa di preparare i pacchi per simulare l’arrivo di Babbo Natale ai bambini; in realtà andrà a intufare di nascosto il pane nel sugo dei crostini. Poi ci sarà da mettere il bicchiere di latte e le molliche di pandoro per dire che Babbo Natale ha fatto uno spuntino mentre il cane sarà obbligato a fare la cacca in casa per far credere che sono state le renne. Poi arriverà l’ora di pranzo, che terminerà nel primo pomeriggio, stesi sul divano, a scaldarsi davanti al ceppo nel caminetto (con quel che costa il gas…) a fare un altro chilo, visto che il meteo promette una giornata di cacca (stavolta non del cane). O se volete, giocate al mercante in Fiera (l’unica Fiera o supermercato aperto a Natale), o anche a bestia, quindi incominciate a acappare gli spiccioli. L’importante sarà però stare bene e spensierati e per un giorno non pensare ad altro. Mandate a cacare (anche stavolta non del cane) chi solo pronuncerà una volte le parole Covid, Green Pass e Omicron. Perché, come diceva Petrarca, siamo di Arezzo e il Covid non ci piega. Se ve sta bene, Buon Natale, sennò Buon Natale una sega!