Arezzo in Azione su sanità, territorio e politica: “Un rapporto malato. È finito il tempo della demagogia sanitaria”

La riflessione di Arezzo in Azione:

“L’attuale situazione sanitaria richiede, a parere di Azione, un momento di attenta riflessione per la nostra provincia e questo non vuole essere altro che un invito pubblico a tutto ciò.

Alcune riflessioni sulla nostra provincia che pensiamo possano ampiamente valere a livello regionale e nazionale.

In piena pandemia, dove si sono evidenziate le criticità e i punti di forza del sistema sanitario regionale, stiamo assistendo ad un vero e proprio delirio di dichiarazioni da parte di Sindaci, Consiglieri regionali e quant’altri, ognuna in nome del bene primario della salute dei cittadini. Conosciamo bene le logiche del consenso a cui nessuna parte politica è immune.

È molto più facile cavalcare il disagio con richieste fuori luogo e fuori tempo ma puntuali (voglio il tale primariato o voglio quel tipo di ortopedia etc) che proporre un piano integrato territoriale sostenibile ed efficiente con chiara definizione di cosa si fa e dove lo si debba fare.

Ma quale dovrebbe essere il ruolo di un Sindaco in questa partita?

Un ruolo fondamentale come rappresentante di una comunità e come autorità sanitaria nel:

-rappresentare i bisogni dei suoi cittadini

-tutelarne un accesso paritetico alle cure (non cittadini di serie A e serie B)

-presentare le criticità infrastrutturali

-accertarsi che in ogni fase la sicurezza del paziente-cittadino sia posta al centro.

-accertarsi della qualità delle risposte domiciliari

-svolgere in una parola il ruolo di garante della salute dei propri cittadini.

Spetta alle Direzioni generali delle Asl e, a cascata, Direzioni di presidio e zona-distretto decidere sulla modalità delle risposte erogate in quanto competenti per questo e solo su questo il loro operato andrà valutato.

Il Covid, inoltre, ci dovrebbe avere insegnato alcune cose: è finito il tempo della demagogia sanitaria, ogni singolo euro andrà speso con intelligenza, dovranno essere messe in campo sinergie sino ad ora neanche ipotizzate  e andranno pensati nuovi modelli per il trattamento delle cronicità e delle cure intermedie.

Venendo alla nostra provincia non è più procrastinabile la rivalorizzazione del San Donato come ospedale di alto livello con centralizzazione delle patologie complesse per acuti. Ce lo impone la letteratura scientifica (volumi delle prestazioni) la carenza assoluta e drammatica di specialisti (con chi volete fare questi reparti fantasma? qualcuno in grado di clonarli?) l’imperativo (per tutti  badate bene aretini e cittadini della provincia) che il San Donato costituisca polo di attrazione per professionisti e pazienti, la necessità investimenti importanti e fondamentali in telemedicina al fine di tutelare l’appropriatezza delle prestazioni.

Il Ruolo delle strutture periferiche risulterà ancora più fondamentale nella erogazione dei servizi  di prossimità, nella rete della urgenza, nel trattamento delle patologie di media e lunga durata. Un ruolo quindi complementare ed indispensabile ma non dei piccoli ed inutili doppioni che in ogni caso non funzioneranno.

Certo è un problema nazionale, considerato, ad esempio, come potevano meglio essere spesi in sanità i soldi  destinati a quota cento (eppure con questa qualcuno ci ha vinto le elezioni), e regionale, con la necessità di una rapida sburocratizzazione del sistema, ma vediamo di iniziare noi, nella nostra provincia.

L’alternativa, in caso contrario, sarà quella di  non avere alcuna sanità pubblica, fornita gratuitamente a tutti ed efficiente ma solo con molte etichette sulle porte di ospedali vuoti ed inutili.

Azione Arezzo”.

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