Centenario Pci, delegazione della Federazione Prc Arezzo a Livorno per le celebrazioni
“La Rivoluzione Russa, nella semplicità delle sue parole d’ordine – ‘la pace, la terra ai contadini’ – ha dato una soluzione positiva alle enormi questioni che la borghesia aveva creato – la guerra – o non era in grado di risolvere: la servitù della gleba e le diseguaglianze sociali.
I partiti comunisti nascono, sulla spinta della Rivoluzione Russa, come l’avanguardia di questo movimento universalistico che, a partire dalla classe operaia e dai contadini, agisce concretamente la liberazione di tutte e tutti gli sfruttati ed in prospettiva di tutto il genere umano. È un messaggio di fortissimo universalismo concreto quello che emerge dalla rivoluzione e – come esemplificato dallo slogan ‘fare come la Russia’ – va oltre la politica tradizionale, parlando a tutte e tutti gli sfruttati.
Il comunismo 100 anni fa non era un fatto ideologico ma ‘la semplicità difficile a farsi’: la pace e la terra ai contadini, appunto. A quella semplicità dobbiamo tornare. Il comunismo non è una scelta religiosa o l’ideologia di un partito ma “il movimento reale che abolisce lo stato di cose presente”, cioè la ricerca della soluzione migliore a fronte delle enormi contraddizioni generate dal modo di produzione capitalistico.
A distanza di un secolo dalla prima guerra mondiale il capitalismo ci ha ributtati nella barbarie: della distruzione del pianeta, dello sfruttamento del lavoro produttivo e riproduttivo, del razzismo e della guerra, delle masse sterminate dei poveri a cui fanno da contraltare la concentrazione di enormi ricchezze. Il capitalismo ha esaurito la sua spinta propulsiva e solo la fuoriuscita dalla logica del profitto come principio organizzatore del vivere sociale può garantire un futuro all’umanità.
Per questo sentiamo il dovere di portare avanti questa idea di Socialismo in Italia, la dove è nato il 21 gennaio 1921 a Livorno, con il sogno possibilità per l’umanità di utilizzare positivamente l’enorme potenzialità data dallo sviluppo della scienza e della tecnica. Come superamento delle classi sociali e di ogni ruolo sociale gerarchico e fisso a partire da quelli legati al genere o al colore della pelle. Comunismo come libertà degli individui di sviluppare positivamente la propria personalità in un quadro in cui l’uscita dal regno della necessità è garantita dalla cooperazione e dalla solidarietà.
Per questo una delegazione partirà dalla Provincia di Arezzo in rappresenta della Federazione del Partito della Rifondazione Comunista per quel pensiero ed una pratica comunista rappresentante non solo un bene comune dell’umanità ma la condizione per uscire dalla barbarie dello sfruttamento dell’umanità e della natura. Perché come ci ha insegnato Seneca, ‘non esiste vento favorevole per il marinaio che non sa dove andare'”, così in una nota la Federazione Provinciale Prc Arezzo.
Circolo “XIX marzo” di Rifondazione Comunista di Sansepolcro
Anche il Circolo “XIX marzo” di Rifondazione Comunista di Sansepolcro interviene con una nota sul centenario della nascita del Partito Comunista d’Italia.
“Il 21 gennaio di cento anni fa, al Teatro San Marco di Livorno, nasceva un’esperienza politica che si sarebbe intrecciata a doppio filo con quella della nostra Repubblica e anche con quella della nostra città.
Tutti noi siamo figli di quell’esperienza, anche coloro che non l’hanno mai condivisa ne hanno avuto indiscutibili benefici. Il Partito Comunista d’Italia è nato proprio in Toscana e per tanti decenni è stato l’anima politica, economica e sociale di questa regione.
La storia del Partito Comunista è la storia d’Italia. Oggi, cento anni dopo gli eventi di Livorno sono poche le forze politiche che si definiscono comuniste nel nostro Paese e ancora di meno quelle che possono vantare un’esistenza secolare. Nessuna di queste è presente all’interno del Parlamento italiano e la somma delle esperienze presenti nel contesto nazionale si avvicina molto alla bassa percentuale di voti che il primo Partito Comunista raccoglieva in Italia. Esattamente come cento anni fa i tempi per chi crede nel valori ispiratrici di Marx ed Engels sono difficili. Un secolo fa c’era la spinta rivoluzionaria della Rivoluzione Russa che in quella parte di mondo diede avvio ad una serie di importanti riforme oltre che interrompere bruscamente privilegi acquisiti da clero, borghesia e nobiltà. Nasceva una nuova società fatta di nuovi princìpi e anche di errori. Proprio la paura di quella nuova società spinse chi voleva mantenere i propri privilegi a sostenere regimi come il Fascismo in Italia o quelle forze che alimentarono la guerra civile in Russia. Durante il lungo governo Mussolini il Partito Comunista fu messo al bando assieme a tutte le altre forze politiche diverse dal Fascismo. I comunisti e i socialisti furono quelli più perseguitati durante il ventennio, ma riuscirono a sopravvivere ed essere protagonisti di quella pagina di riscatto nazionale chiamata Resistenza. Durante la guerra civile tra Regno d’Italia e Repubblica Sociale i comunisti scesero a compromessi con la monarchia con lo spirito di ricostruire un Paese assieme a tutte le forze politiche e sociali che si opponevano all’ultimo tentativo di sopravvivenza del Fascismo. Nello stesso momento a Stalingrado si decidevano le sorti della seconda guerra mondiale. Il sacrificio umano, oltre ventisei milioni di morti, della nazione che aveva abbracciato il comunismo ha permesso all’intera Europa di liberarsi anche del Nazismo.
Dopo il Referendum istituzionale del 1946 i comunisti italiani hanno dato il proprio contributo a ricostruire il Paese. Inizialmente nello stesso governo formato da tutte le forze antifasciste e poi come principale forza di opposizione. I comunisti italiani contribuirono con tutte le proprie forze alla nascita delle Istituzioni europee per poi intraprendere un cammino diverso rispetto all’esperienza di comunismo sovietico. I comunisti italiani hanno contribuito a costruire una coscienza sindacale e lo Statuto dei Diritti del Lavoratori. I comunisti italiani, assieme ad altre forze progressiste, sono stati determinanti durante i referendum su divorzio e aborto permettendo all’Italia di essere un Paese moderno e non ancorato a conservatorismi sociali di matrice religiosa. Nella stagione difficile del terrorismo fin da subito e senza esitazione i comunisti italiani scelsero di stare dalla parte delle istituzioni condannando qualsiasi forma di violenza. I comunisti italiani, fin dall’elezione per l’Assemblea Costituente del 1946, hanno attivato tutte le risorse possibili per favorire l’ingresso nelle Istituzioni delle donne, fino a quel momento escluse sia dall’elettorato attivo che passivo.
È impossibile non riconoscere alle persone facenti parte di questa tradizione politica molte delle importanti azioni che hanno permesso a Sansepolcro e alla Valtiberina di raggiungere un benessere ed una pace sociale invidiabile da molte altre realtà territoriali italiane. Questo è stato frutto di una capacità di programmazione nel lungo periodo e di grande capacità nel formare personale politico, entrambi aspetti al giorno d’oggi completamente dimenticati e persi.
La caduta dei Paesi comunisti dell’Europa orientale e successivamente dell’Unione Sovietica ha innescato anche un Italia un processo di trasformazione che portò allo scioglimento del Partito Comunista Italiano circa trenta anni fa. Le successive trasformazioni del partito solo formalmente erede di quella esperienza ha impoverito notevolmente il tessuto politico italiano. In trent’anni l’abbraccio al liberismo e la vicinanza agli ex avversari sociali hanno distrutto la base elettorale di quelli che un tempo si definivano comunisti. Le forze che dopo il 1991 hanno continuato a definirsi comuniste hanno avuto un percorso difficile, seppure caratterizzato dall’orgoglio di continuare a riconoscersi in simboli e vicende storiche che in pochi decenni sono stati ripudiati da altri. Se molti giovani che non hanno vissuto la storia del PCI oggi militano in partiti che si definiscono comunisti è anche perché rappresentare un ideale è ancora oggi un elemento di identificazione rispetto a coloro che hanno cambiato nome ogni lustro.
A Sansepolcro siamo l’ultima realtà politica comunista organizzata dotata di una sede e una presenza istituzionale, anche se al momento facente parte di una lista civica con cui è in atto un percorso di collaborazione istituzionale. I comunisti a Sansepolcro sono sempre stati presenti nelle istituzioni dalla fine del Fascismo ad oggi. La scomparsa del PCI, assieme al dimezzamento dei seggi nei comuni ha condannato in molte realtà i comunisti all’assenza di rappresentanza istituzionale. A Sansepolcro questo non è avvenuto e la presenza è stata sempre riconfermata anche nelle sei elezioni svoltesi dopo la scomparsa del Partito Comunista Italiano dallo scenario politico nazionale e locale. Oggi, nonostante la maggior parte dei membri del Circolo di Sansepolcro di Rifondazione Comunista non abbiano potuto militare nel PCI per questioni anagrafiche, crediamo di esserne eredi senza ripudiare alcun aspetto di quella storica esperienza politica. Nel nostro caso chiamarsi compagni e sentirsi comunisti è un preciso senso di appartenenza e di rispetto per le nostre radici storiche.
Vivere da comunisti nel mondo odierno è davvero difficile, come lo è cercare di trovare il tempo per riflettere o approfondire le dinamiche politiche e sociali che si svolgono attorno a tutti noi. Chi è stato comunista negli anni ‘20, ‘30 e ‘40 del XX secolo ha vissuto stagioni politiche molto peggiori della nostra e in alcuni casi ha perso la propria vita per la causa in cui credeva. Oggi dobbiamo continuare a portare avanti un’idea, rispettare un tradizione e fare tutto il possibile per tramandarla alle giovani generazioni anche per rispetto di coloro che sono morti per questo.
Oggi i lavoratori dipendenti, parte di quelli autonomi, le partite IVA e perfino i piccoli imprenditori vivono un processo di sfruttamento con dinamiche simili a quelle che Marx ed Engels individuarono quando scrissero il Manifesto del Partito Comunista. Non ci riferiamo alle condizioni di sicurezza o all’esistenza di contratti, ma al fatto che le capacità contrattuali di molte categorie professionali sono quasi azzerate e la tutela di coloro che non si uniformano alle pressioni di alcuni datori di lavoro è praticamente inesistente. Lentamente ed inesorabilmente si sono smontate sia le tutele che la solidarietà tra lavoratori. A volte è percepito molto più come pericolo il collega di lavoro che il proprio superiore. Va rifondato il rapporto umano, soprattutto tra lavoratori. Uno spazio politico comunista, lo dice la parola stessa, serve anche a questo. È dimostrato che la scomparsa di un Partito Comunista di massa, sia in Italia che nel mondo, ha corrisposto ad un impoverimento della capacità delle classi lavoratrici di aiutarsi reciprocamente e di avere una tutela politica nelle istituzioni.
A livello locale è anche nostro dovere assicurare un partecipazione di compagne e compagni alle prossime elezioni amministrative, in modo da non interrompere la nostra tradizione locale di presenza nelle Istituzioni e in modo da dare voce a tutte le categorie che subiscono l’assenza di tutele e la progressiva disgregazione dello stato sociale che caratterizza la società nella quale viviamo”.