Diritto alla salute e di cura anche a mezzo di cannabis terapeutica, “Arezzo in azione” favorevole

Azione Arezzo, rappresentato dal gruppo Under30 (nella foto Giulia Pezzi, coordinatrice provinciale di Arezzo Azione Under 30, Gionatan Vanni e Marco Onali) ha preso parte al sit-in che si è tenuto davanti al Palazzo di Giustizia della nostra città per dimostrare, anche fisicamente, la vicinanza a Walter e alla sua causa. “La legge è molto chiara quando si parla di stupefacenti – dichiara il gruppo aretino Arezzo in Azione – e punisce con la reclusione da sei a venti anni e con la multa da 26mila a 260mila euro “chiunque, senza apposita autorizzazione ministeriale, coltiva, produce, fabbrica, estrae, raffina, vende, offre o mette in vendita, cede, distribuisce, commercia, trasporta, procura ad altri, invia, passa o spedisce in transito, consegna per qualunque scopo sostanze stupefacenti”. Con Walter la Giustizia ha fatto il suo corso ed ha accertato che il fatto non sussiste: coltivare cannabis in quella serra non era reato perché Walter aveva necessità di consumarla per uso terapeutico. Con l’assoluzione di Walter si chiude la vicenda processuale, ma non la battaglia di civiltà che anche Azione Arezzo continuerà a portare avanti. Arezzo in Azione sostiene il diritto alla salute anche attraverso la cannabis medica, che in Italia, sconta un triplice divario: In primo luogo, Azione Arezzo osserva che la disciplina sanitaria è di competenza regionale e da qui deriva una disorganicità territoriale per l’adozione di una politica unitaria di sensibilizzazione all’utilizzo della cannabis medica anche in tema di rimborsabilità del farmaco ; In seconda battuta Azione Arezzo rileva che nonostante il monito di aggiornamento biennale delle evidenze scientifiche al fine di ampliare la gamma delle malattie curabili con la cannabis, i derivati della cannabis sono riconosciuti come prodotti curativi soltanto per alcune gravissime patologie indicate nel Decreto Ministeriale del 9 novembre 2015 (spasticità associate al dolore, analgesia per il dolore neurogeno, etc.) ed il cui costo è a carico del Sistema Sanitario delle Regioni che possono discrezionalmente decidere di non prevedere il rimborso per alcune patologie. Da ultimo Azione Arezzo concorda con chi osserva che i farmaci in questione non godono di autonomia terapeutica ma sono intesi soltanto quali prodotti fitoterapici ad azione sintomatica di supporto ai trattamenti standard, «quando questi ultimi non hanno prodotto gli effetti desiderati ovvero hanno provocato effetti secondari non tollerabili, o necessitano di incrementi posologici che potrebbero determinare la comparsa di effetti collaterali». A fronte di tale quadro legislativo e sanitario, Azione Arezzo si muove per tutelare i diritti alla salute ed alla cura senza scendere nel discorso moralistico proibizionista (“è cannabis quindi non è farmaco”). Ciascun individuo ha la tutela del suo diritto alla salute nella Carta Costituzionale, intendendo per esso non solo come assenza di malattie e/o infermità fisiche/psichiche, ma come stato di completo benessere fisico, mentale e sociale, così come modernamente definita dall’Organizzazione Mondiale della Sanità. Trattasi quindi di diritto non solo programmatico, ma immediatamente precettivo ed efficace  erga omnes. Connesso alla tutela della salute è il miglioramento della qualità della vita, per cui si estende contro tutti gli elementi nocivi, ambientali o a causa di terzi, che possano ostacolarne il reale esercizio. A fronte del diritto sociale del cittadino a pretendere una serie di interventi a difesa del suo bene-salute, v’è l’obbligo dello Stato a predisporre, tramite un’organizzazione sanitaria idonea, le prestazioni positive per realizzarne il godimento effettivo e globale. Azione Arezzo fa riferimento alle evidenze mediche che sono sorte su tale argomento. È ormai nota nella comunità scientifica come l’importanza del principio attivo di tale sostanza aiuti un sempre maggiore numero di pazienti gravemente malati ad affrontare la propria problematica sanitaria. Azione Arezzo dunque è al fianco di chi esprime questo principio che si auspica non si debbano più costringere cittadini malati a subire anche l’esperienza ulteriormente dolorosa di un processo a carico”.

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