Fragile come un cristallo

Non ci credete? Anche da noi, nella civilissima Toscana, è sufficiente un acquazzone più forte del normale per allagare strade e sottopassi, basta un lieve tamponamento per creare code interminabili e se si alzano solo di poco i consumi salta la corrente elettrica.
Non ci credete ancora? Entrate in un pronto soccorso per scoprire cos’è la fragilità, nonostante la premura di medici e infermieri, di un apparato che macina milioni di euro ma non riesce a dare risposte elementari.
È la stessa fragilità che ritroviamo nei rapporti personali, nei sentimenti, nei lavori. È la fragilità della maleducazione dilagante, della prepotenza e dell’ignoranza che si fa bandiera.
Non siamo un paese forte, non lo siamo mai stati, tranne forse ai tempi dei Romani ma quella è un’altra storia. Siamo un paese fragile perché la politica stessa, cioè il meccanismo che dovrebbero guidare i processi economici e sociali, a essere fragile.
Volete un esempio? La sinistra che esulta perché in Spagna i socialisti non hanno perso le elezioni (ma non hanno nemmeno vinto). In altri tempi ci si sarebbe interrogati sul perché un governo uscente non è riuscito a confermarsi. Oggi no, ci si accontenta del meno peggio, lo stesso comportamento di quando dalle nostre parti si perdono le elezioni comunali: non ci si pongono domande…per evitare le risposte.
E la destra non è da meno, è pur vero che appare trionfante, forte delle sue radici ma quali sono? Il conservatorismo di marca europea? Non mi pare. La destra sociale? Non esiste più. Il sovranismo? Parola abusata. Altro non v’è, se non reclinare mesto il capo ai particolarismi di categoria e di casta.
Guardiamo la realtà in faccia, la politica è diventata un mosaico di interessi peculiari e personali dove destra e sinistra si fondono e si confondono. Anche qui volete un esempio in salsa locale? Ebbene vi indico quell’animale mitologico che è diventata la Provincia di Arezzo: la testa a destra e il corpo a sinistra. Quanta fragilità si cela dietro a quella che alcuni definiscono furbizia.

E con questo vi saluto.

Credito fotografico: Corriere della Sera

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