Ghinelli difende Arezzo: “La crisi di quel ristorante non ha niente a che vedere con l’omofobia”
“Arezzo non è assolutamente una città omofoba. Anche perché lui non è il solo ad avere avuto dei problemi: ci sono molti ristoranti che sono andati in crisi durante la pandemia e il lockdown, senza essersi più ripresi. Non so se anche questo sia il suo caso. A me ovviamente dispiace: ogni iniziativa commerciale o di pubblico esercizio che chiude è un’offerta in meno che si dà ai cittadini e ai turisti. Ma non ha niente a che vedere con l’omofobia“. Così Alessandro Ghinelli, intervistato da Il Giornale, respinge al mittente l’accusa di “Arezzo città omofoba”.
“Nessuno viene da me perché sono gay“, aveva spiegato Mariano Scognamiglio in una lunga lettera al Corriere della Sera le difficoltà economiche legate all’andamento del suo ristorante ad Arezzo. “Nella cittadina in cui viviamo non è stato apprezzato il fatto che siamo una coppia di due uomini che condividono la vita, e che ora tutta l’Italia ne è a conoscenza“. Il ristoratore, 54 anni, di origini napoletane, aveva partecipato a una puntata di Quattro ristoranti, condotto da Alessandro Borghese, che era poi andata in onda nel maggio 2020, in piena pandemia. Il bacio tra lui e il suo compagno, mostrato in televisione, aveva scatenato gli insulti di qualche utente sui social. “Abbiamo partecipato ad una trasmissione televisiva che ci ha dato visibilità, ma è anche stata la nostra condanna“. Secondo la sua denuncia, l’omofobia dei cittadini aretini – unita al Covid – “ha provocato la rovina di tutto quello che avevamo costruito con tanti sacrifici, e ora rischiamo anche di perdere il tetto sotto il quale viviamo… Senza lavoro e senza casa!“. Il ristorante di Mariano, che si trova in via Vittorio Veneto, ha quindi lanciato una sottoscrizione lo scorso 15 marzo sulla piattaforma di crowdfunding GoFundMe, chiedendo 60mila euro per salvare il locale.
Tuttavia il sindaco di Arezzo, Alessandro Ghinelli non ci sta a far passare l’idea che Arezzo sia pieno di persone omofobe: “Arezzo è una città vivace. Piena di persone che, quando vanno a cena, si vogliono divertirsi. Quindi, se lui non ha molti clienti, vuol dire che evidentemente non sa fare tanto bene il mestiere di ristoratore. Credo proprio che non c’entri nulla la sua situazione sentimentale“. E soprattutto Arezzo non è assolutamente una città omofoba, “anche perché lui non è il solo ad avere avuto dei problemi: ci sono molti ristoranti che sono andati in crisi durante la pandemia e il lockdown, senza essersi più ripresi. Non so se anche questo sia il suo caso. A me ovviamente dispiace: ogni iniziativa commerciale o di pubblico esercizio che chiude è un’offerta in meno che si dà ai cittadini e ai turisti. Ma non ha niente a che vedere con l’omofobia, bensì è legata al rapporto qualità-prezzo del cibo proposto, che poi spesso è quello che conta di più. Affermare che le persone non vanno da lui perché un omosessuale dichiarato, lo trovo francamente fuori luogo“. Il primo cittadino di Arezzo suggerisce che “forse rivedendo il suo menù e la sua offerta, può uscire da questo momento di crisi. Se questo lo vorrà fare, il Comune è assolutamente pronto a dargli anche una mano da questo punto di vista. Lo facciamo con tutti: mi venga a parlare e ci mettiamo d’accordo sul tipo di aiuto che gli possiamo fornire“.