Me la ricordo ancora come fosse ora, quella mattina
Me la ricordo ancora come fosse ora, quella mattina.
Salivo le scale del Comune (di Cortona, ndr) e una voce mi raggiunge dalla piazza. È un vigile, che mi annuncia che il Presidente Moro è stato rapito dalle Brigate Rosse e la sua scorta annientata.
Rimasi di sasso. Guardai il vigile, incredulo, e le mie emozioni si proiettarono subito sulla situazione nuova che si veniva a determinare.
Ricordando oggi il corso dei pensieri che mi dominava la mattina del rapimento di Moro, ritrovo anche la logica di quella vicenda. Quel giorno Andreotti si sarebbe presentato davanti alle Camere per chiedere la fiducia al Governo di solidarietà nazionale. Era il primo Governo che, forse, avrebbe ottenuto l’astensione e quindi l’appoggio esterno dei comunisti italiani. Uso il condizionale perché, a poche ore dal voto di fiducia in Parlamento, il PCI è ancora indeciso su come votare. Sono troppe le perplessità che attraversano la base del Partito e di una parte del gruppo dirigente. Io stesso mi riconoscevo in quella parte, orientata da Pietro Ingrao, che guardava con sospetto al compromesso storico.
Ma il rapimento e il feroce massacro della scorta apre una fase nuova. Sollecita le forze politiche democratiche a unirsi per rispondere e combattere l’offensiva terroristica. Infatti il Governo, subito dopo il rapimento, riceve il voto di fiducia alla Camera. Avrà anche il voto del PCI, che vuole dare un messaggio di unità del Paese in un momento così drammatico.
Tutta l’Italia è scossa da quest’evento e riempie le piazze in poche ore. Un moto d’indignazione e di rabbia attraversa l’intero Paese e, almeno nei primi giorni, invita le forze politiche alla fermezza. A Cortona, la manifestazione si tenne in Piazza della Repubblica, poche ore dopo il rapimento. Parlai a centinaia, forse migliaia, di persone dalla balaustra della terrazza del Comune; dopo di me, parlarono i dirigenti della Democrazia Cristiana. Era la prima manifestazione unitaria che vedeva insieme i due grandi Partiti della storia repubblicana e nella piazza sventolavano, bianche e rosse, le loro bandiere. Fu un momento di grande commozione e di convinta unità contro la minaccia terroristica.
Però, già alcuni giorni dopo, il rapimento di Moro mette a nudo alcune verità laceranti. Prima di tutto, l’inefficienza degli organi dello Stato e le complici deviazioni dei Servizi Segreti. Si brancola nel buio per settimane. Moro scrive dal carcere le lettere che commuovono ma destabilizzano il quadro politico. Non passa giorno che le BR emettono comunicati rendendo pubblici gli “interrogatori” di Moro. Tra le forze politiche si apre una straziante discussione tra i sostenitori della fermezza e i fautori del negoziato con le BR. Alla fine, l’assassinio di Moro segna una stagione di lacerazione della società e della politica italiane.
L’esperienza di solidarietà nazionale andrà avanti per circa un anno in un vortice di polemiche e recriminazioni che lasceranno uno strascico e un’immagine negativa per tutte quelle forze che l’hanno sostenuta. A pagare, più degli altri, politicamente ed elettoralmente sarà poi il PCI.
Ma naturalmente il prezzo più grande è stato pagato dalla famiglia di Aldo Moro e le famiglie degli agenti massacrati da quei brigatisti che oggi vanno in televisione a dissertare sulla democrazia e sul valore e la natura del pentimento. Hanno pagato il loro debito ? Allora restino a casa loro e in silenzio, per sempre.