Violenza economica di genere, Carlettini: “Difficile da riconoscere, porta a isolamento”
La violenza economica perpetrata nei confronti delle donne è un fenomeno purtroppo diffuso ma che rimane “sommerso” poiché poco percepito e di conseguenza poco denunciato. Un problema sostanzialmente culturale che è stato oggetto della seduta di fine anno della Consulta delle Pari Opportunità del Comune di Arezzo a cui hanno partecipato Elisa Serafini, direttrice di Pronto Donna onlus Arezzo, e Stefania Loddo del Centro Veneto Progetto Donna.
Dai dati portati dalla direttrice di Pronto Donna, elaborati su un campione di 200 donne inserite nei percorsi antiviolenza, risulta che molte tra coloro che sono oggetto di violenza economica faticano a riconoscere di esserne vittima, con il risultato di trovarsi in una situazione di isolamento e di incapacità di immaginarsi fuori dalla relazione violenta. La violenza economica, poi, ha spesso origine all’interrompersi della violenza fisica, rimanendo l’unica forma di controllo che l’ex partner può esercitare sulla donna, e viene attuata con vari mezzi, come ad esempio il mancato pagamento del mantenimento, l’intestazione delle proprietà dei beni a terzi, l’abbandono del posto di lavoro magari in favore di un impiego “al nero”. Tutto ciò porta le vittime a sperimentare ancora situazioni di forte stress psicologico che talvolta le spingono a rinunciare direttamente a tutti i beni ai quali invece avrebbero diritto, pur di non affrontare ulteriori situazioni di conflitto. Studi e rilevazioni a livello nazionale rivelano poi che un terzo delle donne italiane non ha un conto corrente ad esse intestato, e che nel periodo della pandemia sono state le prime a perdere il lavoro, in quanto la loro retribuzione, inferiore a quella maschile a causa del gender gap, è stata considerata “sacrificabile”.
Altrettanto eloquenti, i dati del progetto “Conto su di me” attivato dal Centro Veneto Progetto Donna nelle province di Padova, Belluno, Venezia e Treviso. Come spiegato da Stefania Loddo, il progetto ha compreso un programma di educazione economico-finanziaria per le donne, di impulso all’autoconsapevolezza della dipendenza economica, informazione e sensibilizzazione sul tema, e un’attività di supporto alla ricerca del lavoro. Particolarmente critica la valutazione della percezione della violenza: il 45% delle donne che ritengono di non subire violenza economica è invece soggetta alle forme più gravi quali il controllo economico e lo sfruttamento economico con coercizione.
“Il controllo economico esercitato contro le donne è una forma di violenza di genere particolarmente subdola, discriminante e lesiva della dignità – ha commentato l’assessore Giovanna Carlettini -. E’ fondamentale un’azione di educazione e consapevolezza che aiuti le donne, vittime a volte anche inconsapevoli. Grazie alla Consulta per il lavoro e l’impegno costante riservato a tematiche così importanti”.