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martedì | 29-04-2025

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Mafie, Toscana terra di riciclaggio e investimenti. Con pandemia più facili infiltrazioni in aziende – Video

Lo studio, curato dalla Scuola Normale di Pisa su incarico della Regione, conferma quanto emerso nei tre anni precedenti. Dalle carte dei tribunali non appare un radicamento organizzativo delle mafie nazionali in Toscana: solo i gruppi di ‘ndrangheta dimostrano di possedere i mezzi e le risorse peraltro per farlo, come in passato era già stato per la camorra. Quanto alla criminalità organizzata straniera, la matrice mafiosa è visibile in alcune organizzazioni cinesi: non sembra così per albanesi e nigeriani. E in questo caso marginalità economica ed etnica diventano l’humus ideale per il reclutamento di manodopera criminale.

Se le mafie non presentano un radicamento territoriale ‘tradizionale’, la Toscana si conferma però come uno dei territori  in Italia privilegiati  per attività di riciclaggio e per la realizzazione di reati economici-finanziari su larga scala: più che in altre regioni, con una specificità marcatamente toscana. Quella che emerge anche dal rapporto di quest’anno è la vocazione ‘imprenditoriale’ dei gruppi criminali: non la scelta di un territorio, da ‘militarizzare’ e devo sostituirsi alla istiuzioni, ma la specializzazione in un settore, per ripulire prima di tutto i fiumi di denaro sporco che arrivano dalle attività condotte altrove.

Il primato nel traffico degli stupefacenti
La Toscana, emerge anche quest’anno dal rapporto,  rimane  centrale inoltre nei traffici nazionali e transnazionali di stupefacenti: Livorno in particolare, dove nel 2019 in un solo anno è stata sequestrata cocaina per più di una tonnellata, 1100 chili per l’esattezza, superando i numeri già elevati degli anni precedenti. Due sono stati i sequestri eccezionali: 644 chili a maggio, per un valore stimato di 130 milioni di euro, e 300 chili nel successivo semestre. Sempre a Livorno, a gennaio, erano stati ritrovati in città 830 chili tra marijuana e hashish. I gruppi albanesi governano una fetta sempre maggiore del mercato. Gli spacciatori sono spesso di origine nord-africana o sub-sahariana, con gruppi criminali protagonisti in alcuni casi di un vero impossessamento di territorio sottratto allo Stato, come la cronaca recente ha raccontato riguardo un pineta ai confini tra le province di Lucca e Pisa, militarizzata di fatto e dove, sottoterra, sono stati trovati più di 120 chili di droga e almeno 400 mila euro. Liquidità immense, con cui impossessarsi di imprese a prezzi stracciati.

Tratte e sfruttamento delle persone
Non minore attenzione va comunque riservata ai fenomeni di sfruttamento sessuale – mafie nigeriane per lo più, ma non sono estranee le organizzazioni nazionali – e lo sfruttamento manodopera nell’economia legale. Ambedue costituiscono oramai una realtà cronica. Di “bestia del caporalato, che si sta diffondendo in Toscana e non solo all’interno delle comunità cinesi” parla, non a caso, il procuratore generale Creazzo durante la presentazione ufficiale del rapporto che c’è stata stamani nel corso di un evento on line.Per sfruttamento lavorativo, che non riguarda solo l’agricoltura, la Toscana è la quinta regione in Italia per numero di procedimenti, al pari della Campania: diciassette inchieste, il 7 per cento del totale nazionale, otto province su dieci coinvolte in casi gravi (tutte fuori che Lucca e Grosseto al momento).   

Professionisti conniventi per ripulire il denaro sporco
Il riciclaggio e l’occultamento di capitali criminali è in ogni caso il principale obiettivo degli investimenti delle mafie nell’economia regionale e i settori preferiti sono l’immobiliare e quello ricettivo-turistico. Emerge il ruolo essenziale, in più episodi, di avvocati, commercialisti, ingegneri, architetti, ragionieri ed altri professionisti.  Negli anni, spiegano i ricercatori della Normale, sono comunque emersi anche tentativi di imprenditorialità mafiosa con sede stabile in Toscana  nei settori delle costruzioni, del tessile, dei rifiuti o dell’intrattenimento funzionali alla realizzazione di nuove attività illecite: tributarie e fiscali, per ‘ripulire’ denaro sporco, il traffico di rifiuti e di stupefacenti, l’usura anche. Prato e la sua provincia, oggetto nel rapporto di un approfondimento, rimangono un territorio su cui Cosa Nostra continua ad essere presente e svolgere i propri affari illeciti, con un giro vorticoso, emerso dalle indagini giudiziarie, di fatture per operazioni inesistenti relative al commercio di pallet. La Guardia di Finanza ha accertato un volume di affari fittizio per 106 milioni, attraverso cui sono stati riciclati oltre 38 milioni di euro. 

Il business miliardario dei rifiuti
Il procuratore generale Giuseppe Creazzo, alla guida da sette anni della Procura di Firenze, si sofferma nel suo intervento anche “sul traffico di rifiuti”, annunciando come in questo momento “sia in un corso una operazione importante della Guardia di Finanza di Livorno.  “Un business anch’esso miliardario” rimarca.  C’è poi il gioco d’azzardo  – è Prato la città dove si gioca di più in Italia, che stacca di quasi il doppio la seconda provincia che è Teramo – e c’è tutta l’economia che viaggia on line.  La mafia ha sempre più bisogno “di gente che clicca”. “Per questo non dobbiamo trascurare – dice ancora Creazzo – il mondo della valuta virtuale, anche dei bitcoin, rispetto alla quale i finanzieri e tecnici informatici che lavorano per le mafie sono già avanti: gran parte del riciclaggio passa attraverso questi canali e noi su questo siamo abbastanza in ritardo”.

Beni confiscati, contratti pubblici e corruzione
Il rapporto della Scuola Normale di Pisa passa in esame anche i beni confiscati alla criminalità organizzata. Sono  cresciuti anche nel 2019, con trend simili a quelli degli anni passati, ma ancora pochi sono quelli destinati in maniera stabile, dopo l’accelerazione che si era avuta nel 2018.    C’è poi un focus tematico sul mercato dei contratti pubblici – un primo studio preliminare a partire dall’analisi di 38 episodi di accesso criminale realizzatisi nell’ultimo decennio e che hanno riguardato il territorio toscano. Nel 63 per cento protagoniste sono state imprese con sede legale nel Meridione e la penetrazione è avvenuta, più che attraverso intimidazioni, tramite strategie ‘convenzionali’ di alterazione delle concorrenza. I legami maggiori sono più con la camorra, seguita dall’ìndrangheta: avviene nel settore delle costruzioni, dei trasporti e delle gestione dei rifiuti, ma anche della refezione e ristorazione.       
Infine tutta la seconda sezione del rapporto è dedicata ai fenomeni di corruzione. Nel 2019 nessuno esponente politico ne è rimasto coinvolto. I casi interessano maggiormente, nel pubblico, funzionari e dirigenti. Ma il baricentro invisibile della corruzione sembra spostarsi verso il settore privato, attraverso un’ampia gamma di attori che vanno da imprenditori e mediatori a faccendieri e professionisti.  Nel settore degli appalti l’ambito sanitario, si sottolinea, si conferma tra i più vulnerabili e con l’emergenza Covid-19 il rischio può ulteriormente aumentare. 

Clicca qui per leggere la sintesi del rapporto 

Mafie, allarme pandemia: più facili le infiltrazioni nelle aziende con la crisi dopo il Covid-19

Occhio alle infiltrazioni criminali che potrebbero approfittare della breccia aperta dalla crisi di liquidità (e dalla perdita di lavoro) innescate dalla pandemia e dall’emergenza sanitaria in corso.  L’allarme è stato rilanciato anche stamani durante la presentazione, on line , del quarto rapporto annuale sui fenomeni di criminalità organizzata e corruzione che la Regione Toscana ha commissionato alla Scuola Normale di Pisa.

L’ha fatto il procuratore generale Giuseppe Creazzo, da sette anni alla guida della Procura di Firenze. L’ha fatto la neo prefetta del capoluogo toscano Alessandra Guidi. L’ha fatto l’assessore alla legalità della Toscana, Stefano Ciuoffo. L’hanno fatto in molti.  

“La criminalità organizzata, che dispone di liquidità immense, cercherà di approfittare di questo momento – avverte il procuratore .-  Ci sono già parecchi segnali ed anche qualche indagine qualificata di una strategia di acquisizione di beni e imprese di pregio, a prezzi bassi, in atto. E questo rischio non va sottovalutato, perché l’insediamento economico, che espunge alla fine l’attività imprenditoriale lecita, è davvero l’infiltrazione più pericolosa: quella di un abbraccio che agli imprenditori in difficoltà può all’inizio risultare anche conveniente ma che poi diventa mortale”.

“La Toscana ha validi anticorpi – dice la prefetta Guidi -:  quelli di una sensibilità civica sviluppata, di una imprenditoria sana e di istituzioni da secoli attente ai bisogni del cittadino che dunque non è portato a cercare altrove le risposte alle proprie necessità. Ma tutto questo può rendere meno consapevoli del rischio, la cui percezione può risultare appannata, e la crisi innescata dalla pandemia crea un situazione di indiscutibile vulnerabilità. Crea disoccupazione. Crea mancanza di liquidità. E crea dunque opportunità di un welfare criminale di prossimità”. Occorre essere vigili: le mafie inseguono il denaro. Da qui l’esigenza di mettere in atto strumenti di prevenzione adeguati: dalla promozione della cultura della legalità e la socializzazione della conoscenza del fenomeno all’attività di monitoraggio, fino alle interdittive antimafia (il blocco delle attività ndr), che sono cresciute ma che, secondo la prefetta, vanno rafforzate anche nella contrattualistica tra privati. “All’Aquila dopo il terremoto – dice – le infiltrazioni mafiose interessarono proprio la ricostruzione privata”.
   
La professoressa  Della Porta della Scuola Normale di Pisa si sofferma su un aspetto più sociologico: “La pandemia vuol dire perdita di reddito ma anche isolamento e il venir meno di punti di riferimento. Aumentano, ad esempio, quanti annegano nel gioco di azzardo on line o nella spirale del traffico di stupefacenti”.  “La ricostruzione dopo la crisi – aggiunge – , con il lievitare della spesa pubblica con modalità emergenziali, aumenta il pericolo di infiltrazioni ma anche di corruzione”.

“La Toscana –  si sofferma l’assessore Ciuoffo – è tradizionalmente terra che attrae investimenti. Dobbiamo continuare a farlo, per far crescere il nostro sistema economico, ma dobbiamo anche vigilare affinché siano investimenti sani e dietro all’apparenza non si celino gruppi criminali”. “Un’operazione non semplice – ammette – , perché spesso la criminalità sa non farsi riconoscere: si cela dietro professionisti, prestanome o aziende che appaiono irreprensibili. E su questo dovremo lavorare, con gli ordini professionali e con le categorie economiche, perché quella connivenza di comodo non sarà mai temporanea e di quei gruppi si diventa poi prigionieri”.

“Questi ‘aiuti’ economici possono esser visti come qualcosa che fa comodo – gli fa eco Francesco Nannucci della Direzione investigativa antimafia di Firenze – ma è un errore, perché l’impresa viene fagocitata all’interno dei gruppi criminali”. Al momento, dice Nannucci, non sono emersi casi legati alla crisi Covid. Ma questo non deve portare ad abbassare la guardia. 

L’assessore Ciuoffo lancia una proposta al riguardo: un incontro proprio con il mondo degli ordini professionali – da cui, ingegnere, Ciuoffo proviene – “perché  – dice – abbiano contezza di questa terra di mezzo che non può essere percorsa e dove, sconfinando, viene meno l’etica nella professione”. 

In merito alle procedure di appalto “se c’è un problema di scarsa valorizzazione delle imprese locali, affrontiamolo – dice ancora l’assessore su un piano più generale, al di là della crisi economica attuale – , ma facciamolo nel perimetro della legge. La capacità di stare nelle regole non può essere piegata alla tutela del proprio interesse”. Un tema che riguarda ancora gli appalti pubblici: “accordi  e favori reciproci per  eludere le norme non possono essere tollerabili” stigmatizza Ciuoffo. E quanto alle confische dei beni alle mafie e alla criminalità organizzata, “ben vengano   – dice ancora l’assessore – ma attenti: non bastano. Dobbiamo essere  in grado di rigenerare quegli immobili e quelle imprese, altrimenti saremmo letti come quelli che hanno cancellato qualche posto di lavoro, pur illegittimamente creato”. 

Alessandro Nencini, presidente della Corte di appello di Firenze, ricorda come sia importante rafforzare la conoscenza del fenomeno della criminalità organizzata. “E’ necessario per generare – dice – quegli anticorpi nella società civile senza cui la partita, quella della prevenzione, è persa in partenza”.  

Ma la lotta alla mafia vuol dire anche creare lavoro – ricorda don Ciotti, fondatore di Libera -, vuol dire casa, scuola cultura, politiche sociali e servizi”. “Ci sarà una ragione – accusa – se da due secoli parliamo di mafie e di corruzione, senza essere riusciti a sconfiggerle. Abbiamo leggi stupende ed altre che zoppiccano alla ricerca del compromesso.  La solidarietà non può diventare la delegata ad occuparsi dei fragili e la solidarietà non può essere chiamate a supplire alla mancanza di politiche adeguate. Il rischio della crisi post-Covid è quello di “un terreno di incontro tra una mafia imborghesita e una società avida di soldi e di potere”. “Serve una rigenerazione” conclude.  “Peggio di questa crisi  – si sofferma, citando Papa Francesco – c’è solo il dramma di sprecarla. Non possiamo tornare ad una normalità che era già malata prima”. E sollecita ad una positiva contaminazione per scambiarsi sensibilità e visioni, oltre che strumenti.  Una strada che lo stesso rapporto della Scuola Normale di Pisa traccia.

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