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giovedì | 20-02-2025

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E’ possibile essere operati di varici degli arti inferiori in un ospedale pubblico? Ad Arezzo e provincia sì

Nel 2024 sono 500 gli interventi effettuati dall’equipe della Chirurgia Vascolare del San Donato di Arezzo. L’impiego delle tecniche più moderne e l’organizzazione, basata sulla rete ospedaliera, ha permesso di abbattere i tempi medi di attesa

Le varici degli arti inferiori sono una patologia molto diffusa, trattabile non solo nelle strutture private ma anche negli ospedali del sistema sanitario nazionale. Il San Donato di Arezzo ne è un esempio: qui l’equipe del dr. Giorgio Ventoruzzo, direttore UOC Chirurgia Vascolare, nell’ultimo anno ha eseguito 500 interventi di questo tipo con tecniche mininvasive che consentono al paziente di tornare, in poche ore, alle proprie normali attività.

«Quello sulle varici è un tipo di intervento che trova scarsa risposta nel SSN perché considerato non di primaria importanza – spiega il dr. Giorgio Ventoruzzo – con la conseguenza che spesso i pazienti sono costretti a rivolgersi al privato. Nella nostra area provinciale abbiamo sfruttato la possibilità di utilizzare le sale operatorie dei presidi ospedalieri periferici di Bibbiena e San Sepolcro per implementare l’attività flebologica eseguendo nell’ultimo anno circa 500 interventi per varici».

«Mediamente effettuiamo tre sedute chirurgiche settimanali – prosegue il dr. Ventoruzzo – dove, in accordo con le migliori evidenze scientifiche delle linee guida internazionali, utilizziamo prevalentemente la tecnica mininvasiva della Termoablazione safenica con radiofrequenza o laser. Con tale tecnica la safena, che in questo tipo di patologia è incontinente e alimenta un reflusso che fa dilatare rami venosi superficiali (varici), non viene strappata ma chiusa mediante calore. Il procedimento consiste nell’introdurre attraverso una puntura o una piccola incisione all’interno della safena un catetere per radiofrequenza o laser, sotto controllo ecografico, che viene ritirato lentamente e attraverso la trasmissione di calore occlude la vena. Vena che verrà completamente riassorbita dall’organismo nell’arco di alcuni mesi».

«Una metodica – continua il direttore di struttura complessa – alla quale può essere associata, in molti casi, la Scleroterapia con schiuma dei rami varicosi che consiste nell’iniezione a loro interno di un liquido “sclerosante” miscelato con aria a formare una sostanza schiumosa (Scleromousse) che determina una infiammazione della vena che si chiude e tende a trasformarsi in un cordone fibroso (sclerosi). La procedura dura circa 20 minuti, non richiede tagli chirurgici e punti di sutura e viene eseguita in anestesia locale. L’assenza di traumatismo assicura un comfort post operatorio decisamente migliore rispetto alla vecchia tecnica tradizionale dello “Stripping Safenico e varicectomie”, il paziente può camminare subito indossando un monocollant postoperatorio e viene dimesso dopo circa un’ora dalla procedura tornando alle sue normali attività. Non tutti i pazienti possono essere trattati con tale metodica che rappresenta attualmente, in base all’evidenza scientifica, la migliore opzione terapeutica per questa patologia. Il nostro centro offre in ogni caso tutte le tipologie di intervento (stripping safenico, mini-varicectomie, ablazione chimica della safena con colla di cianacrilato) consentendo di “ritagliare su misura” il trattamento più idoneo al singolo paziente».

«Questo tipo di organizzazione che si avvale dei presidi periferici della rete ospedaliera, insieme all’utilizzo delle tecniche più moderne, ha permesso di abbattere notevolmente i tempi medi di attesa con l’obiettivo di raggiungere una tempistica, fra visita e intervento programmato di varici agli arti inferiori, non superiore a 4 mesi fornendo così una risposta pubblica efficiente a tale tipo di patologia» conclude Ventoruzzo.

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