“Furbi” in giro senza motivo, Macrì propone servizi sociali: “C’è panico positivo che ci salva” Ar24Tv

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Il cuore della proposta di Macrì al presidente del Consiglio dei Ministri italiano sta nell’aggiunta di un periodo di lavori socialmente utili in ospedale o in veste di addetti alla consegna a domicilio della spesa per i soggetti fragili come punizione accessoria obbligatoria accanto a quella penale, già prevista dalla legge, per i trasgressori.

Per il momento la petizione online ha raggiunto il traguardo di 134 firmatari. Ecco come il Prof. Macrì commenta l’iniziativa.

“Ho ritenuto opportuno richiamare l’attenzione ancora una volta sulla necessità di osservare le regole. Stamattina (sabato scorso n.d.r.) quando mi sono alzato ho visto dal balcone che la città era quasi in un sabato qualunque. Le macchine circolavano, c’erano dei ragazzi che si raggruppavano per parlare come se niente fosse. Io capisco che per i giovani è difficile potersi figurare le conseguenze di un’epidemia. Così mi è venuto in mente di fare questa petizione, perché si è molto parlato in questi giorni del bisogno che i media non diffondano il panico. Be’, io la penso esattamente al contrario, perché c’è un panico positivo, che è quello che ci salva. Non aver paura, essere incoscienti può portare al baratro e a conseguenze epidemiologicamente prevedibili.

Ho chiesto al presidente del Consiglio di voler aggiungere alle sanzioni adottate nell’ultimo DPCM (che mi sembrano valide) una pena accessoria. Quella dei servizi socialmente utili, per portare negli ospedali o a consegnare la spesa a casa agli ultrasessantacinquenni chi non vuole ancora capire o non è riuscito ad essere raggiunto da una corretta comunicazione. Quindi penso che i lavori socialmente utili possano essere veramente un lavoro di resipiscenza e far comprendere ai giovani e anche ai meno giovani il momento in cui ci troviamo. Siamo nella piena escalation dell’epidemia, quando proprio c’è bisogno di interrompere e, siccome non abbiamo nessuna forma di terapia né di prevenzione, l’unica cosa che possiamo fare è non prestarci a diventare veicoli del virus.

Questa epidemia, a differenza di altre, non viene portata da animali che non possiamo controllare, ma da noi. Noi che non siamo animali dovremmo poterci controllare e, se noi ci fermiamo, il virus si ferma. Mi occupo di vaccinoprofilassi da 20 anni, sono in contatto con le principali società scientifiche. La preoccupazione di tutti gli esperti – non solo nazionali, anche di quelli cinesi che ci hanno raggiunto – è quella che non riusciamo a interrompere la catena umana. Si tratta di 15 giorni. Non dico che 15 giorni possano portare a una eradicazione del virus, ma potrebbero essere sufficienti a ricondurre la curva di accrescimento dei contagi al di sotto del sistema di recezione del nostro sistema sanitario nazionale, che è l’obiettivo che ci dobbiamo prefiggere in questo momento.

Il sistema sanitario toscano si sta già riorganizzando. Abbiamo già trasformato (in modo forse silenzioso ma fattivo, come facciamo noi toscani in genere) il nostro ospedale in un ospedale adatto ad accogliere il maggior numero possibile di malati infetti da coronavirus. E così in tutta la Toscana. Ciò non significa che potremo ricevere e ricoverare tutti i malati. I posti sono naturalmente contingentati e, se arrivassero tutti insieme, provocherebbero anche qui un overbooking come sta purtroppo succedendo in tutti gli altri ospedali del Nord.

La raccomandazione è ancora quella di non diventare veicoli di trasmissione. Il virus senza di noi non riesce a fare neppure 2 metri. Se li fa, vuol dire che l’abbiamo portato noi. L’ammenda e la sanzione penale sono sicuramente un deterrente, ma io penso che essere portati negli ospedali a vedere cosa succede, quali sono le conseguenze di questa condotta superficiale ed imprudente possa essere un buon monito per i giovani”.

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