Il cielo sopra Arezzo è sempre azzurro

Erano i tempi del giglio magico renziano che ad Arezzo aveva la sua capitale.
Pazienza se il sindaco Fanfani, che del resto non era certo un renziano della prima ora, e era orma in tutt’altre faccende affancendato, riapriva le porte del palazzo al centrodestra con il sindaco Ghinelli

E poi il pd ha cominciato a cadere da tante torri  dei palazzi comunali aretini, a cominciare da quello del Podestà a Montevarchi e da quello delle Laudi di Sansepolcro, che cercare di capire  come potesse succedere stava diventando un rompicapo.
Figuriamoci  poi per il giglio magico  che, più che ai crolli dei palazzi aretini,  era concentrato  a difendere Renzi inseguito dagli obbligazionisti rimasti all’asciutto dopo che una domenica di novembre di tre anni fa, rinunciò perfino a seguire la Fiorentina, per convocare in tutta fretta il consiglio dei ministri con un solo punto all’ordine del giorno: la risoluzione di “quattro banchette” tra le quali BancaEtruria poi venduta per un euro insieme a BancaMarche e Carichieti.
Questa volta, un minuto dopo l’ennesima batosta contro il centrodestra che, per la prima volta nella storia, conquista anche il Palazzo della Provincia con Silvia Chiassai, il Pd, renziano o non renziano, una risposta se la dà: “L’esito delle elezioni per la Provincia – ha ammesso Albano Ricci, segretario provinciale del Pd – consegna una sconfitta amara per il centrosinistra.
Resa ancora più cruda dalla preoccupante fragilità di tenuta del nostro partito .
Ancora una volta emerge tutta la nostra debolezza, la nostra propensione al distinguersi, al contarsi, a regolare i conflitti interni in modo non palese”.

E’ una risposta, e questo è già tanto in un partito che a sconfitte amare,  anche e soprattutto in provincia di Arezzo, dovrebbe essere da tempo abituato.
Ma uno dei motivi per i quali il Pd passa da una sconfitta all’altra è proprio perché ai suoi elettori i conflitti interni sono fin troppo palesi.
Se c’era bisogno di una conferma, questa l’ha data proprio Ginetta Menchetti, amareggiata e delusa: “Le condizioni per vincere c’erano, ma – ha detto – sono stata tradita”.  In realtà quelle che sembravano elezioni di scarso interesse, soprattutto dopo il ridimensionamento del ruolo delle province, trasformate dalla riforma Del Rio in enti di secondo livello, ad Arezzo hanno assunto un forte significato politico: perché il centrodestra ha sì cambiato ormai da tempo la geografia politica aretina, ma ora ha conquistato anche il Palazzo della Provincia, da 70 anni roccaforte del centrosinistra.

E il fatto che ora Arezzo sia la  sola provincia toscana insieme a Grosseto, dove il centrodestra governa  comune capoluogo e Provincia, assegna ancora una volta ad Arezzo un ruolo politico che va oltre i confini provinciali: il centrodestra, quando ha vinto ad Arezzo, ha sempre avuto Forza Italia come  partito di riferimento: anche alle ultime elezioni comunali, pur con numeri ben lontani dalle origini, è stata Forza Italia a indicare Ghinelli come candidato a sindaco di una coalizione che comprendeva Oraghinelli, Fratelli d’Italia e, appunto, Forza Italia: che  a Roma è all’opposizione, ma che ha eletto i due deputati aretini, Stefano Mugnai, leader degli azzurri in Toscana, e Maurizio d’Ettore che ha retto il partito in provincia per dieci anni anche quelli del declino di Berlusconi e che alle politiche ha distanziato di 4000 voti il candidato renziano del Pd, Marco Donati.

Ora è di Forza Italia anche  la nuova presidente della Provincia, candidata dal centrodestra. Se il Pd  ha buoni motivi per attribuire l’ultima sconfitta alla “fragilità di tenuta del partito”, Forza Italia ne ha ancora di più buoni per rivendicare la paternità della vittoria di Silvia Chiassai .
Lo fa proprio il suo leader Stefano Mugnai che si riconosce nella regia di un’operazione “tutta sua” ma condotta anche insieme  a Maurizio D’Ettore e Bernardo Mennini che da poco ha sostituito D’Ettore alla segreteria provinciale.
Così parla un leader: Forza Italia, dopo Berlusconi , di un leader nazionale capace di superare divisioni interne è alla ricerca, ma ad Arezzo è in grado di aggregare il centrodestra e ad Arezzo ha un leader riconosciuto anche dagli avversari.  

Intanto il Pd aretino non ha più un parlamentare e il segretario provinciale, amareggiato e deluso, annuncia le dimissioni.
Nel passato per vincere  non ha avuto sempre bisogno di un leader: ma, prima che si spaccasse con i leader locali del cerchio magico, per vincere ha sempre avuto bisogno di proporsi, in modo “palese” all’insegna dell’unità e della capacità di aggregazione del centrosinistra.
Nel 2020, questione di mesi più che di anni, ad Arezzo si vota per il nuovo sindaco. Ma questo fa parte di un altro capitolo. Che Arezzo 24 tratterà, come sempre, con i suoi lettori.

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