L’assessore diventa verde, ma Arezzo è sempre meno verde
C’è mezza città divisa sul progetto di abbattimento dei lecci dei giardini che senza le 72 piante storicizzate dagli anni trenta, ripartirebbero da zero, con zero ombra almeno per una decina di anni, il tempo che i tigli, solo una trentina a sostituire i 72 lecci, possano dotarsi di una chioma.
Mezza città si ribella, si ribella il pd, si ribella la sinistra: ma né la sinistra né il Pd, neppure la sua area che proviene dalla Margherita che avrebbe avuto il dovere di farlo se non altro per rispetto di un luogo sacro alla chiesa aretina come la Basilica di San Domenico, alzò un dito quando due anni fa l’assessore e vicesindaco Gamurrini dette i primi colpi di motosega sui pini cari allo storico parroco di San Domenico, padre Raimondo Caprara, appunto in via Raimondo Caprara.
Che i pini li piantò negli anni 50 con gli alunni della vicina scuola elementare durante una delle feste degli alberi, appuntamento fisso della scuola di quei tempi.
Pini al posto giusto, non solo per il loro valore storico, ma per la loro barriera a protezione del Convento di San Domenico dalle folate della tramontana alle quali è esposto.
E’ vero che del Convento dei domenicani, resta da anni solo il ricordo.
Ma anche questo va conservato, non solo nella memoria religiosa: vale la pena ricordare che quel Convento è anche un luogo simbolo, isola di pace durante la tragedia della guerra, presidiata da Padre Caprara in quella che è passata alla storia come la Repubblica di San Domenico. Nessuno si fece vivo per bloccare le motoseghe che abbatterono i pini di Padre Caprara.
Per mobilitare i cultori del verde ci volevano i lecci del Porcinai che, peraltro, nei suoi giardini della stazione avrebbe voluto metterci proprio i tigli: fu costretto, lui eccellenza dell’architettura paesaggistica del 900, a ripiegare sui lecci, perché il suo vivaista di fiducia a Pescia i tigli li aveva finiti.
L’assessore Gamurrini si appresta a rimediare novant’anni dopo: il suo vivaista i tigli li ha già pronti.