L’educazione nello sport è in pericolo?

“Come abbiamo evidenziato anche con lo studio di Sport&Fede, l’educazione nello sport è un pilastro a forte rischio”, sottolinea il Presidente del Centro Sportivo Italiano – Comitato di Arezzo Lorenzo Bernardini, che prosegue: “non tanto per i ragazzi o i genitori, ma per gli istruttori e per chi ha un ruolo in società. Mi spiego meglio: come Csi abbiamo assistito a tante dinamiche e situazioni poco piacevoli, vissute in prima persona dai nostri dirigenti e/o raccontate da genitori che si confrontano periodicamente con noi. Per esempio: persone che durante una partita di calcio entrano in campo e offendono pesantemente minori; allenatori/dirigenti che in gioco e da dietro le scrivanie attaccano gli utenti, fino ad adulti che con manie di grandezza cercano di imporsi con toni aggressivi sui direttori di gara e addetti ai lavori. Questo non soltanto nel calcio ma anche in discipline individuali, tanto in voga nel nostro territorio, e in sport di squadra”.

 “Oggi ci sorge un dubbio: chi svolge l’attività sportiva con i minori, è davvero un educatore? Che tipo di valori riesce a trasmettere alle nuove generazioni per permettergli una sana crescita? Abbiamo una Comunità Educante? Domande alle quali è difficile dare una risposta se non quella da slogan. “Educare attraverso lo sport”, il nostro motto, in questi contesti trova la difficoltà di trasmissione a causa di un tessuto sociale a forte rischio, e fatichiamo, anche noi, a risolvere determinate problematiche”.

“Tanti giovani si avvicinano per chiederci un’isola serena dove poter svolgere sport, e in cui vorrebbero trovare spazio per crescere e formarsi. Ma questo è un palliativo: come contrastiamo la violenza che si sta sempre più generando nello sport? Nemmeno noi conosciamo una risposta al quesito, ma un’idea ce la siamo fatta: dobbiamo fare rete, a partire da noi enti che promuoviamo lo sport nel territorio; le Federazioni devono ritrovare un loro ruolo centrale nella formazione di chi ha il compito di educare la disciplina ma soprattutto deve esserci dialogo tra tutte le persone, associazioni e artefici dello sport, non solo per evidenziare i fatti negativi, bensì trovando soluzioni a queste problematiche, con unione d’intenti. Solo così potremo essere una Comunità forte e capace di trasmettere valori che i giovani si ritroveranno nella società del domani. Il disagio giovanile lo possiamo arginare anche con il giusto modo di fare sport, ovvero con etica, educazione, professionalità e senso civico”. 

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