Alcune precisazioni
Anzitutto il tema del mio articolo non era affatto Orgoglio Amaranto. Il comitato è citato due volte. La prima per sottolineare la felice intuizione della sua costituzione, la seconda per criticare (come penso possa essere nel diritto di chiunque, me compreso) la scelta fatta in occasione del bilancio 30.06.2021 della S.S. Arezzo che poteva e doveva, sempre a mio modo di vedere, essere reso noto e commentato prima che venisse da questo sito reso pubblico (da tempo era già interrogabile sul sito delle Camere di Commercio Italiane da cui l’ho scaricato). Il resto, tutto il resto, faceva e fa capo al clima che si è creato intorno alla squadra di calcio in questi ultimi 24/36 mesi e che vede coinvolti una pluralità di soggetti, non certo e non solo Orgoglio amaranto. I puntuali commenti ai miei riferimenti che il comitato ha ritenuto riferiti a loro erano invece in molti casi ( fa eccezione la questione bilancio, come detto) riferiti ad altri e quanto ai fatti sottostanti che li hanno ispirati, posso rassicurarli sul fatto che ci sono. Il “pensiero unico” che inibisce qualunque critica seppellendola sotto valanghe di epiteti e di palese disprezzo non mi appartiene: questo era l’oggetto dell’articolo. Non so perché, né dove, OA abbia rinvenuto gli estremi di un attacco ad alzo zero tutto dedicato a loro. Ribadisco che non era questa l’intenzione, né la lettera di quello che ho scritto. Chi mi conosce sa bene cosa rappresentino per me l’Arezzo ed Arezzo e quale dolore sia aver preso la decisione di allontanarmi dallo stadio. Tornare a parlarne è solo gettare sale in una ferita aperta, ma ritenevo utile chiarire che l’interpretazione fornita da OA è lontanissima dalle intenzioni e dalle convinzioni che hanno dettato il mio sfogo di saluto. Nessuno, ed io meno di altri, ha mai negato l’importanza della presenza di una partecipazione popolare nella Società; che poi si possa non condividerne la gestione credo sia nell’ordine delle cose e della normale dialettica. Se non la si accetta si torna al punto focale del mio intervento già citato poche righe sopra e si torna a validare la scelta, del tutto personale, di non prestarmi al gioco del ”consenso obbligato”. Ho una colpa che non finirò mai di espiare finché campo: sono affezionato a quel “tarlo mai sincero che chiamano pensiero” e quindi, per restare anche guccinianamente coerente “Scusate, non mi lego a questa schiera, morrò pecora nera”.