All’Arezzo non riesce il tris. Hanno ragione quelli della “Minghelli”

L’Arezzo ha fatto ciò che doveva, soprattutto nella prima ora di gioco. Buono l’approccio, discreta l’aggressività, la squadra di Mariotti ha tenuto praticamente sempre il pallino del gioco costruendo almeno 6/7 nitide occasioni da gol con un incremento delle opportunità, paradossalmente ma non troppo, nella parte finale della gara, quando il ritmo è fatalmente sceso ma anche quando gli ospiti hanno alzato di qualche metro il baricentro lasciando qualche spazio in più. Nel primo tempo, infatti, sebbene Strambelli e compagni abbiano cinto d’assedio la porta degli azzurri capitolini, le occasioni vere sono state solo due: il palo di “NR7 “ dopo appena 1’30” di gioco e la bella girata di Sparacello al 42° con il portiere ospite bravo nel colpo di reni ad alzare sopra la traversa. In mezzo tanti palloni recuperati da Mancino e Sicurella, tanti cross quasi sempre preda delle torri difensive romane, tanto andare per vie orizzontali senza la velocità che sarebbe servita per creare superiorità e spazi. Negli ultimi 20/25 minuti l’ingresso di Cutolo e Muzzi Jr. e la decisione del Montespaccato di provare a superare la metà campo, ha concesso qualche opportunità alle ripartenze e lì sono diventati decisivi l’istinto dell’estremo difensore avversario, la fretta di arrivare al gol, l’inconcludenza di Foggia che s’è divorato due chances clamorose (di testa ad un metro dalla porta, pescato deliziosamente da Cutolo e con un improbabile piattone né tiro né cross quando era tutto solo, decentrato sulla destra dell’area ospite). Niente di cui stracciarsi le vesti al momento. L’Arezzo ha fatto la partita, come detto. Ha tenuto la pressione fino alla fine e seppur con qualche inevitabile pausa non ha lasciato campo agli avversari come accaduto nel finale con il Trestina e ad inizio secondo tempo ad Ardea; ha costruito e sbagliato, ma già è positivo arrivare così tante volte vicino al gol contro una squadra che non ha ancora subito una rete da inizio campionato (e una ragione ci sarà…). Mister Mariotti a fine gara ha parlato di quanto pesa la pressione del dover vincere a tutti i costi, come impongono blasone, tradizione ed aspettative e di come questo si trasformi in frenesia e carenza di lucidità. Su questo ci sarà da lavorare, come anche su una maggiore rapidità nel giro palla che crei difficoltà alle coperture avversarie (contro di noi probabile attendersi atteggiamenti difensivistici da parte di quasi tutte le squadre del girone) e sul cinismo sotto porta. La strada imboccata pare comunque incoraggiante, anche se Strambelli continua ad avere 60 minuti scarsi di autonomia (e se cala lui cala la squadra) e Foggia ad avere le polveri bagnate. Si riparte da Rieti con una valigia di ragioni per ricominciare a vincere, anche perché, come recitava lo striscione esposto ieri sulla “Minghelli”, gremita come qualche volta nemmeno in C, “Tutto è ancora da conquistare”.

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