Arezzo male, anzi malissimo
Il problema è che sul terreno del “Fedini” i ragazzi di Mariotti hanno offerto una prestazione modesta sul piano del gioco, improduttiva su quello delle occasioni da gol e sciatta per quel che riguarda l’atteggiamento. La differenza in classifica e nell’organico tra le due squadre era di una tale evidenza che ci si aspettava un Arezzo che scendesse in campo con l’autorità della prima della classe, che giocasse per imporre il proprio marchio alla partita, costringendo i volonterosi azzurri di casa a contenere i danni; ed invece la partita l’ha approcciata meglio la Sangio, che faceva girare palla meglio e più rapidamente anche se finiva con lo smarrirsi in fase di conclusione. L’Arezzo masticava gioco, con Panatti inadatto nelle vesti di play basso, Sicurella impreciso e disordinato, gli esterni bassi a spingere poco e niente, Foggia avulso dal gioco e Sparacello a fare a sportellate ma senza grande costrutto. Con Strambelli francobollato da Nannini, rimaneva a dannarsi l’anima il solo Mancino dai cui piedi sono nate non a caso le due migliori opportunità di andare in gol. Comunque troppo poco per indirizzare la partita contro una squadra, quella azzurra, che stava dando l’anima in campo. Quando ad inizio ripresa i padroni di casa sono andati in vantaggio, le cose sono, se possibile, ancora peggiorate, perché la scarsa lucidità dei primi 45 minuti è del tutto scomparsa e l’Arezzo si è consegnato alla tattica degli avversari, volta a spezzare il gioco per conservare un insperato e prezioso vantaggio. Con l’eccezione dell’opportunità capitata sui piedi di Sparacello in pieno recupero, non si registrano conclusioni degne di questo nome verso la porta valdarnese, mentre si contano (eccome) gli errori in fase di impostazione, la confusione, il nervosismo (l’espulsione di Ruggeri esempio evidente) e l’improvvisazione della manovra nella quale si è perso anche Muzzi, che non è riuscito questa volta ad incidere con i suoi cambi di ritmo. Alla fine il Marzocco ha vinto senza rubare niente e le piccole malizie messe in opera dalla Sangiovannese per guadagnare secondi preziosi appartengono, se vogliamo, al malcostume del calcio non solo nazionale e sono peccati per i quali vale a parecchie latitudini il detto evangelico “chi è senza peccato scagli la prima pietra”. Quello che davvero preoccupa, anche in prospettiva, è la difficoltà della squadra a fare gioco. Non è una novità assoluta. Spesso a mascherare una manovra lenta e poco fluida ci hanno pensato le invenzioni di NS7, ma che l’estro del fantasista barese sia il perno su cui si regge l’Arezzo cominciano a capirlo in parecchi. Anche una settimana fa, fino a che quelli del modesto Cascina si sono ricordati di tenere lui sotto attenta guardia, si era fatta una fatica maledetta a mettere insieme qualcosa di proponibile dalla metà campo in su. La latitanza di Foggia in zona gol, un giocatore la cui generosità non può che essere apprezzata, va messa in relazione anche con questa incapacità di proporre gioco alternativo alle invenzioni di Strambelli e Mancino, gli unici due che sembrano essere in grado di cambiare passo e imprimere una svolta alle partite. Arginati loro, di palloni giocabili per le punte non se ne costruiscono mai ed è inevitabile che l’attaccante esca fuori a cercarsi palloni giocabili ma smarrendo il feeling con la porta. Insomma, se la pesante sconfitta di Gavorrano poteva avere qualche attenuante nel valore dell’avversario ed in qualche episodio girato a rovescio, quella di San Giovanni è amarissima per i contorni di campanile e per la sensazione di pochezza offerta da una squadra che ha un dovere assoluto da compiere e che per quello è stata costruita, senza risparmio e con un’organizzazione da categoria superiore che deve trovare riscontro nelle prestazioni. Sarà una settimana di meditazioni in casa amaranto e domenica a Città di Castello ci aspettiamo un’altra faccia.