Arezzo verso il futuro tra rinnovate certezze e qualche timore
In mezzo ci stanno la rinuncia alla disputa dei play-off, il cambio di proprietà, la nuova partenza e le mille polemiche che sempre accompagnano queste vicende, condite questa volta da una dose di veleno supplementare. Da parte nostra, interessati esclusivamente al bene del principale club sportivo della città ormai ad un passo dal secolo di vita, proviamo a fare il punto dello stato dell’arte con un occhio verso quello che verrà tra speranze, timori e dubbi.
Il campo
I numeri parlano chiaro. Ultimo posto in classifica con soli nove punti. Una sola vittoria, peggior difesa del girone. Come ci siamo arrivati? È un dato di fatto che la campagna acquisti estiva è stata un fallimento totale. Quasi nessuno dei giocatori acquisiti in sede di costruzione della squadra fa parte degli uomini che vanno in campo da un paio di mesi a questa parte. Tarolli, Cipolletta, Gilli, Sportelli, Bonaccorsi, Males, Nader, Sanè, Merola, Maggioni, Tamma: l’ossatura della squadra allestita da Di Bari e Fabbro e affidata ad Alessandro Potenza è tutta fuori rosa o ai margini del progetto.
Non è un caso se gli unici utilizzati – ed utilizzabili alla luce dei fatti – sono stati Bartoletti e Pesenti, ovvero i soli con esperienza di categoria. L’allestimento così sciagurato è stato giustificato (più dalla stampa che dalla società a dire il vero) con la fretta, con l’onere dei contratti ereditati dalla precedente gestione, con l’inesperienza. Col senno di poi, viste le importanti cifre messe in ballo a danno fatto per cercare di ridare un volto presentabile alla squadra, vien da dire che certi giocatori erano liberi anche ad agosto – chi è arrivato era svincolato – e che forse si poteva ragionare (anche alla luce dei costi da sostenere in assenza di cessione) se valesse la pena provare a rilanciare un calciatore come Piu o puntare su Nader o riportare ad Arezzo Di Nardo… Tant’è.
Di Bari che non era un novellino ha pagato con il posto scelte non felici e Potenza, sua scommessa personale, l’ha seguito dimostrando – con qualche attenuante per la rosa a disposizione – di non essere ancora maturo per il calcio professionistico. Dopo alcune settimane ha salutato anche Riccardo Fabbro, giovane direttore generale con molte ambizioni e un po’ di ombre, l’uomo che dopo aver tentato la scalata in proprio in tandem con Danilo Mariani (ora a Livorno), anche per le proprie mai celate – anzi – competenze finanziarie e manageriali ha condotto il gruppo Mag-New Energy ad Arezzo.
Esisterebbe, fin dalle origini, un responsabile area tecnica nella persona di Roberto Muzzi, ex giocatore di Roma e Cagliari e vicinissimo alla proprietà. Il suo ruolo e le sue responsabilità nell’avallare le scelte in fase di costruzione della squadra non sono emerse, anche se in città è ormai cosa nota che le decisioni passano sempre dal suo placet. Due giorni fa la funzione è stata istituzionalizzata, mentre ancora manca la nomina ufficiale del Ds, una posizione che in questa chiave dialettica appare complicata da vivere e gestire, con equilibri tutti da trovare e un mercato da fare col duplice obiettivo di “mollare la zavorra” (imbarcata e trovata) e magari apportare quei ritocchi che possano darci la spinta verso l’obiettivo salvezza, fondamentale per il domani.
Ecco, la salvezza. Non cessa di stupire qualche commento social che sogna lidi impossibili. Ci riportano bruscamente alla realtà i numeri e la loro antipatica abitudine di avere sempre ragione. Ne abbiamo nove con 21 partite da giocare. La salvezza, visti i dati delle ultime tre stagioni, senza play-out si colloca tra i 39 e i 41 punti. Impresa da far tremare i polsi, perché vorrebbe dire disputare ciò che resta della stagione con una media punti simile a quella di Sud Tirol, Padova e Modena. Se il cuore lo sognerebbe, la ragione induce a più pacate riflessioni, anche perché nel ritorno tutte le big andiamo a sfidarle a casa loro e questo complica ulteriormente il cammino. Ragionevolmente c’è da puntare alla migliore posizione possibile nei play-out, in modo da arrivare allo scontro salvezza con almeno due risultati su tre. Conteranno, e tanto, lo spirito e la voglia di Camplone e dei giocatori. Conteranno i nuovi innesti, soprattutto in zona gol, sperando che siano motivati e non solo dall’ingaggio.
La società
L’anno che verrà sarà accompagnato anche da una nuova struttura societaria. Pagato salato lo scotto di un’organizzazione vasta ma poco coordinata e scarsamente efficace – risultati sul campo e vicenda fidejussione rigettata ne sono la testimonianza -, oltre al molto già speso la proprietà ha deciso di metterci la faccia in proprio e altri quattrini. La cosa non può che far piacere, giacché di presidenti-dipendenti si ricorda per i risultati eccellenti il solo Boniperti (altra esperienza e altri livelli). Ai nostri è bene che chi paga stia al pezzo e verifichi la qualità del lavoro svolto anche per razionalizzare e gestire al meglio i costi. Ad oggi Mag Servizi e New Energy hanno profuso davvero tanto denaro che magari, se fosse stato temporalmente spalmato meglio – costruendo una squadra decorosa da subito – avrebbe consentito di risparmiarne anche un po’, ma sotto questo aspetto poco da dire. Sforzi generosi ed encomiabili sin qui, purtroppo, mal ripagati dalla classifica.
Restano per me irrisolti alcuni dubbi che fanno tremare il mio ormai vecchio cuore amaranto. Ad oggi la gestione complessiva tra contratti vecchi (ne sono rimasti tre, salvo errori) e i nuovi impegni promessi ammonta a circa 6/7 milioni annui. Un budget parecchio consistente anche per chi, come l’attuale gruppo proprietario, pare avere le spalle larghe. Si spera che a questo punto i risultati comincino ad arrivare perché – ecco il timore – non ho mai conosciuto imprenditori ai quali piaccia gettare quattrini nell’immondizia. Ergo: se la barca non si raddrizza (anche tenendo il pugno fermo nella gestione dei ruoli e in particolare in quello importantissimo del direttore sportivo) l’ingegner Gentile & C. saranno ancora disponibili a spendere a piene mani per una gestione che non corrisponde al progetto, né in termini di risultati né men che meno in termini di immagine?
Preoccuparsi del futuro – come tante volte è stato fatto in passato – è un delitto di lesa maestà oppure ci può stare? Anche perché, altro tarlo, questo gruppo industriale ha scelto di acquistare in poco più di due mesi ben tre società. Oltre all’Arezzo fanno infatti parte della “sezione sportiva” la Lupa Frascati e l’Agnonese. In termini di visibilità non granché, in termini di costi ulteriori uscite… Dato che sono vecchio e legato ad un calcio che non è più, continuo a preferire chi si impegna su un fronte solo perché quelli multipli mi fanno venire cattivi pensieri e qualche paura in tema di costanza di impegno.
Infine, un ultimo dubbio è quello legato al ruolo dei fratelli Francesco e Guglielmo Manzo, che sono unanimemente riconosciuti come proprietari della capogruppo New Energy S.r.l.; se tutti (ad Arezzo e fuori) lo dicono deve essere così, però nessuno dei due fratelli figura nella compagine sociale o ricopre incarichi nella New Energy e/o nella Mag Servizi. È almeno strano, sebbene il particolare possa anche in questo caso essere solo l’effetto di un’ormai antica deformazione professionale; però anche questo contribuisce ai miei timori di prospettiva…
L’ambiente
La nuova proprietà si è lamentata more solito della distanza della città. Certamente i risultati non hanno aiutato, ma altrettanto ha inciso il momento che stiamo vivendo, con le aziende costrette e limitate dalla pandemia. La lodevole apertura verso figure locali potrebbe essere allargata scegliendo per la casella della direzione marketing – allo stato vacante, salvo novità dell’ultim’ora – una figura che conosca imprenditori e tessuto locale, che possa far valere relazioni consolidate nel cercare di riavvicinare un’imprenditoria da sempre reticente alla gloriosa bandiera amaranto.
Quanto all’antipatico clima di fazione alimentato da quest’estate, sarei e saremmo i primi a gioire di una ritrovata unità di intenti e di passione, oltretutto fondamentale per cercare di dare un contributo verso l’uscita dal pantano in cui ci siamo cacciati. Ma questo non può prescindere da un’analisi dettata da onestà intellettuale e non inficiata da pregiudizi, sia in un senso che nell’altro. Nelle vicende di Casa Arezzo non esistono e non sono esistiti né diavoli né santi. Esiste la nostra squadra, per la quale tutti tifiamo e soffriamo e conta (almeno per chi scrive) solo quella maglia amaranto che va in campo. Chi sta dietro le scrivanie deve lavorare per il bene della causa e per il futuro del calcio aretino; sono le uniche discriminanti con le quali valutare e commentare, senza preconcetti né partiti presi. Buon 2021 vecchio Cavallino, che sia l’anno in cui finalmente comincia un galoppo sfrenato.