Cessione Arezzo: in un crescendo rossiniano, siamo sempre in mezzo al guado
Venerdi mattina, 3 luglio: “Il Corriere di Arezzo” raccoglie una dichiarazione del presidente Giorgio La Cava. Il numero uno di Viale Gramsci dichiara (testuale dall’articolo di Francesca Muzzi): “L’Arezzo ha un debito di 1.860.000 euro. A questa perdita bisogna sommare tutti i contratti dei giocatori in essere e le spese”. Si supererebbero così largamente i due milioni, una cifra da brivido, ben lontana da quanto era trapelato fino a quel momento. Ai tifosi, che da tempo chiedono chiarezza e garanzie, tremano i polsi. Alle 14.10 arriva però un comunicato stampa ufficiale della S.S.Arezzo: (anche in questo caso riporto brani testuali) “In riferimento alle notizie apparse sulla stampa, il presidente Giorgio La Cava intende precisare che, dal punto di vista finanziario, vi sono dei crediti importanti che ancora devono rientrare, ma soprattutto intende precisare che la debitoria non comporta un esborso immediato del saldo indicato sui giornali. Molti debiti sono scadenzati, come nel caso degli accolli fatti per quelli maturati in capo alla U.S.Arezzo. In definitiva si tratta di una somma molto meno ingente di 1.800.000”. Una smentita pressoché totale, che aggiunge confusione a confusione. Intanto Orgoglio Amaranto va in assemblea on-line, si dice tranquillo ma non fa numeri, non dichiara nessun allarme rosso però si appella alla “coscienza dei giocatori” che, si auspica, dovrebbero rinunciare a parte degli stipendi arretrati per favorire la conclusione della transazione con il gruppo guidato da Andrea Stanzione. Sabato mattina attacca Londrosi: “senza accordo sugli stipendi salta tutto”. Eppure Di Donato lunedì aveva dichiarato che l’accordo c’era ed era stato consegnato al presidente. Dov’è finita questa intesa? E’ considerata insufficiente dal gruppo Stanzione? In effetti Di donato parlava della rinuncia ad uno stipendio su quattro, Londrosi parla di almeno due, nelle dichiarazioni del presidente di arriva a tre su quattro. Un rebus. La sensazione è che si voglia lanciare la palla dalla parte dei giocatori sulle cui spalle starebbe la salvezza dell’Arezzo, imperniata su una loro sostanziosa rinuncia agli emolumenti contrattualizzati. Si arriva a domenica e qui il crescendo si fa rossiniano. Inizia il dottor Grazzini, commercialista della S.S.Arezzo con un appello con venature liriche ai calciatori perché accettino il corposo taglio proposto dal gruppo romano, favorendo così la conclusione del passaggio di quote. Lo fulmina nel pomeriggio un articolo di Paolo Casalini sul sito “Informarezzo”: “Resta il retrogusto amaro di chi evoca i sacrifici di Pavanel come fulgido esempio da seguire, ma contemporaneamente (a giugno) si bonifica le intere competenze arretrate non appena arrivati i primi spiccioli dalla Lega”. Nelle stesse ore, emissari dei gruppi della Sud varcano il confine e, raggiunti i pressi della dimora presidenziale, espongono in bella vista uno striscione (vedi foto) dai toni pacati che invita però a riflettere bene sulle sorti del sodalizio amaranto. Tensione alle stelle e botti finali dopo cena. Prima Giorgio la Cava: furibondo per il “blitz dello striscione”, il presidente minaccia denunce e dichiara che molla tutto, che dell’Arezzo non ne vuol più sapere e che “se qualcuno vuole la società se la prende così com’è” . Nella foga gli scappa che ha ricevuto una telefonata da un imprenditore romano “100 volte più forte di me” che sarebbe interessato all’Arezzo e che aveva già fissato un incontro per giovedì, ma a questo punto non se ne fa più di niente. La cosa strana è che fino a qualche ora prima pesava come un macigno la data del 10 luglio come termine ultimo per approvare il bilancio e presentare i conti alla Lega con i richiesti indici di patrimonialità e solidità e per il 9 si era fissato un primo incontro per ulteriore trattativa. Che vuol dire? Che avrebbe comunque rifinanziato la società Giorgio La Cava in attesa di ulteriori sviluppi? Non lo sapremo mai, perché il salvatore di Carrara si dice stufo e getta la spugna rabbiosamente. Finita qui? Macchè. Sono oltre le 22 quando arriva l’ennesimo comunicato. Lo firma Andrea Stanzione a nome della sua cordata e dichiara che si ritira dopo aver appreso dalla dichiarazione del presidente dell’ulteriore contatto con altro imprenditore “non previsto negli accordi”. Accordi che non conosciamo, ma da che mondo è mondo e finché non si firma nero su bianco si tratta con chiunque. In ogni caso eccoci qua, di nuovo in mezzo al guado (espressione elegante per non descrivere diversamente le onde maleodoranti che l’intera vicenda ha sollevato). Urge intervento risolutorio e salvatore (un’altra volta). Nel gioco ad esclusione è rimasto in campo, silente osservatore nel mare di parole, il gruppo che fa capo ad Ermanno Pieroni. Le prossime ore saranno decisive per davvero.
La ricostruzione
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