Cin cin etrusco: vini invecchiati in orci interrati e prodotti come 3000 anni fa
Nasce alle pendici delle Foreste Casentinesi il vino prodotto e invecchiato come facevano 3000 anni fa gli Etruschi.
E’ il risultato di 20 anni di ricerca e di lavoro dell’Azienda agricola Bio Tarazona Miriam, una delle cantine selezionate per la partecipazione a DiVino Etrusco, la manifestazione che, giunta alla sua XVII edizione, si tiene dal 17 al 26 agosto nel centro storico di Tarquinia: in “vetrina” e degustazione solo prodotti ottenuti e invecchiati con forme di coltivazione e vinificazione, ispirate ai metodi utilizzati dall’antico e misterioso popolo a cui, con ogni probabilità, si deve l’introduzione della vite nella nostra penisola.
Il vino come facevano gli Etruschi è il fiore all’occhiello dell’azienda aretina che si è dedicata con passione alla ricerca e allo studio per ottenere un percorso produttivo capace di riprodurre fedelmente i sistemi degli antenati.
“Il progetto – raccontano i titolari – ha avuto inizio con il supporto di archeologi, tra cui il Prof. Maurizio Pellegrini direttore didattico del Museo di Villa Giulia in Roma; geologi, per capire la composizione del nostro terreno; agronomi per applicare al meglio metodi colturali biologici e biodinamici. Ottenuti il consenso e le autorizzazioni necessarie per produrre il primo vino vinificato alla maniera etrusca, nel 2014, è arrivata la prima sequenza di orci “ufficiali” sotterrati nella collina. L’impegno anno dopo anno è continuato secondo la filosofia aziendale: puntare su prodotti genuini oramai spariti dal commercio o in disuso coniugati con i criteri di epoca etrusca. Una impostazione che comincia dal marchio Rasenna in Tuscany: un chiaro richiamo alle origini, infatti gli Etruschi tra di loro si chiamavano Rasenna o Rasena o Rasna”.
“Il vino etrusco è il risultato di un impegno costante e convinto dell’azienda, che la nostra associazione ha seguito e sostenuto fin dall’inizio. Il nostro compito è supportare le imprese nei servizi tradizionali e ma anche in sperimentazioni, ricerca e innovazione”, commenta Massimiliano Dindalini, direttore di Cia Arezzo.
{rwgallery}