Identità

L’identità si definisce a partire dalle cose più stabili e immutabili che abbiamo: il nome e la data di nascita. Ma poi, dopo questi elementi, tutto sembra mutevole e in continuo cambiamento: come risolviamo i problemi e comunichiamo con gli altri? Cosa ci piace fare quando siamo soli? I nostri interessi e le nostre abilità cambiano nel tempo, tanto che arriviamo a domandarci: chi sono io? Inoltre, l’atteggiamento verso il mondo esterno cambia, se cambia la nostra identità. Gli altri ci vedono socievoli, a volte arrabbiati. A volte curiosi e a volte disinteressati. Anche noi siamo consapevoli delle nostre oscillazioni nell’identità e spesso ne risultiamo confusi e disorientati.

L’identità dovrebbe essere un insieme di caratteristiche (un insieme piuttosto complesso) che ci rende unici ed inconfondibili ai nostri occhi e agli occhi degli altri. Tale costruzione dà un senso di continuità ed appartenenza. Questo sono io. Mi riconosco anche a fronte di cambiamenti importanti. Pensiamo che l’identità “ce la siamo costruita”, ma spesso ignoriamo che tale costruzione è un processo che inizia molto, molto tempo addietro: inizia da prima che fossimo cellule e non si ferma nel momento in cui siamo adulti, ma prosegue per tutta la vita.

Quanto siamo consapevoli della nostra identità? Alcuni suoi aspetti sono spesso poco chiari e possiamo sentirci insicuri di come siamo e non certi di come ci comporteremo nelle situazioni future.

Siamo intelligenti o stupidi? Coraggiosi o vigliacchi? Pensavo di essere coraggioso, eppure quella volta sono fuggito. Pensavo di essere stupido ma quella volta ho capito bene cosa accadesse. Poter contare sulla stabilità della nostra identità favorirebbe il nostro equilibrio interiore.

I fattori che possono mettere in crisi la nostra identità personale sono tutto ciò che comporta dei cambiamenti. Proviamo disagio, disorientamento, e tutte le volte che succede questo, mettiamo in dubbio, per non dire in crisi, noi stessi. Poi, magari, alla fine della crisi, raggiungiamo un nuovo equilibrio, e speriamo stavolta di non dover mettere nuovamente in discussione la nostra “nuova” identità.

Il senso della nostra identità è fragile e può essere scossa da momenti di disagio o da esperienze recenti e dolorose, come la perdita di un lavoro o la fine di una relazione sentimentale.

L’identità personale è influenzata da tutti i luoghi, anche relazionali, che fanno parte della nostra vita: la nostra casa, le nostre relazioni. il luogo di lavoro, la scuola.. Se noi improvvisamente ci trovassimo in un luogo completamente diverso dal quale ci troviamo, potremmo difficilmente mantenere lo stesso ruolo ed avremmo un profondo turbamento sul piano dell’identità. Chi saremmo se fossimo costretti a vivere in un diverso paese?

Per esempio, all’inizio di un lavoro l’identità professionale è ben diversa che dopo vent’anni di esperienza. Differenti identità personali portano a differenti modi di pensarci e di comportarci nelle situazioni. Non possiamo mai essere uguali a noi stessi nel tempo. La metafora del fiume può aiutarci a capire: sebbene il fiume sembri sempre lo stesso, non vi passerà mai la stessa acqua.

L’identità si costruisce attraverso il processo di identificazione all’interno delle relazioni significative, cioè quasi sempre la famiglia, a partire dai primi mesi di vita; addirittura già da prima che nasciamo. Per questo intendo già da quando i nostri genitori, consapevolmente o inconsapevolmente ci pensavano come in un modo o in un altro (sarà dottore, prenderà una laurea, avrà dei figli, riempirà la mia vita…) prima ancora che fossimo nella pancia della nostra mamma.

Tutti noi, inconsapevolmente e incondizionatamente, ci siamo identificati nelle fantasie dei nostri genitori: assumiamo tratti differenti attraverso l’imitazione o l’interpretazione degli atteggiamenti e dei loro comportamenti. Per la maggior parte dei bambini, prima dell’età degli otto-dieci anni, il problema è quasi esclusivamente quello di essere amati per quello che sono. Il bambino risponde con gratitudine e con gioia all’amore e alle aspettative dei genitori.

Nei primissimi anni di vita si gettano perciò le fondamenta del senso di identità attraverso l’atteggiamento di cura e di accettazione dei nostri genitori. Talvolta allora, quando l’attaccamento è instabile e insicuro, potremmo percepire noi stessi come non amabili, o incapaci, o gli altri come inaffidabili, dando spesso, in futuro nella vita, risalto al tutte le esperienze che confermeranno queste percezioni negative.

In questo senso, quando siamo più cresciuti, cioè dall’adolescenza in poi, nuovi legami affettivi che stabiliamo, tenderanno a confermare e consolidare quello che è stato costruito precedentemente, o lo metteranno in crisi: l’ambiente ci provoca molto spesso a cambiare comunicandoci che la nostra identità non è adattiva alle situazioni, e che quello che pensiamo di noi stessi è falso.

Dobbiamo allora fare lo sforzo di pensare che non siamo “condannati” a non essere amati, ad avere un lavoro che non ci piace o a ripetere sempre gli stessi errori. Dobbiamo capire che se per esempio continuiamo a riconoscerci come persone di poco valore, questo può essere anche il risultato di come siamo stati cresciuti e di quello che l’ambiente (spesso famigliare) ci ha comunicato fin dall’infanzia. È difficile accettarlo, ma spesso è cosí.

Cambiare significa uscire da una zona di confort, molto scomoda e dolorosa, ma che comunque ci appartiene e ci dà in cambio sicurezza in noi stessi e stabilità della nostra identità. Uscire dagli schemi vuol dire risalire all’origine degli errori di valutazione che facciamo di noi stessi, ed esplorare nuovi aspetti di sé. È per questo che lo psicologo può essere d’aiuto: quando siamo in una situazione tale che la nostra stessa identità ci fa soffrire, quando vorremmo cambiare perché sentiamo che qualcosa non va, ma non sappiamo da che parte farci.

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