Più sicuri in acqua in 10 mosse

. Inserito in Sanità

La Misericordia di Arezzo porta anche quest’anno tra la gente una presentazione su come prevenire e gestire il rischio di incidenti in acqua. Tema assai sentito, con la stagione estiva in pieno svolgimento. Ecco dunque la miglior prevenzione: un decalogo di buone pratiche di comportamento, ossia cosa fare e cosa evitare per un approccio sicuro all’acqua.

I dati parlano chiaro: con più di 1.000 incidenti in acqua all’anno, di cui almeno 400 mortali – solo nel nostro Paese, escludendo dal conto i morti in mare per naufragi sulle rotte migratorie –, con una prevalenza di adolescenti tra le vittime, con l’annegamento come 1^ causa di decesso da 0 a 4 anni d’età, il fenomeno assume una rilevanza sociale per nulla trascurabile.

L’analisi dei casi punta inesorabilmente il dito contro l’inesperienza, la trascuratezza o la non conoscenza (più o meno inconsapevoli), e – soprattutto – verso la distrazione o la mancata sorveglianza da parte di adulti di riferimento cui è implicitamente demandata la vigilanza preventiva, l’autoprotezione e una maggior consapevolezza sul rapporto con l’acqua e sulle varie situazioni che si presentano.

Insomma, la “fatalità” in quanto tale non esiste, è solo una comoda scappatoia mediatica che crea enfasi ma distoglie dalla vera causa del problema: il “fattore umano”!

Partendo da questo assunto, diventa evidente che l’unica soluzione è agire invece divulgando meglio le informazioni più corrette, in modo da indurre le persone a quella consapevolezza che permette di adeguare il comportamento alla situazione.

Ecco quindi un decalogo riassuntivo di semplici suggerimenti – di sicura efficacia, comprovata da tutti gli Enti preposti – su cosa fare e specialmente cosa evitare nel rapporto con tutte le acque di balneazione, dalla vasca da bagno di casa fino ai mari, passando per fiumi, laghi, piscine ecc.

1-Valutare bene le proprie e le altrui capacità natatorie ma non solo di per sé stesse bensì in rapporto alle condizioni ambientali (temperature, meteo, onde, vento, a riva, al largo, su imbarcazione ecc), alle correnti e a tutto il contesto. Conoscere e valutare il territorio circostante, specie in contesti fluviali.

2-Mai trovarsi da soli in acqua – bisogna avere sempre un “compagno d’acqua” vicino – e soprattutto non avventurarsi lontano dalla riva, tantomeno se non si ha anche un natante d’appoggio.

3-Non distogliere mai neppure per un istante lo sguardo dal diretto controllo visivo sui minori, specie sui bambini, neanche se sono solo vicini all’acqua e non vi sono ancora entrati! Estrema attenzione a vasche, fontanili, piscine e qualsiasi altra raccolta d’acqua lasciata incustodita e a portata di bambino! Mentre lo stiamo sorvegliando, NON distrarsi al cellulare!

4-Prestare estrema attenzione allo sbalzo termico tra fuori e dentro l’acqua, quindi non solo alla temperatura dell’acqua in quanto tale: situazioni come il corpo accaldato al sole, surriscaldato da attività sportiva o in fase digestiva, possono rivelarsi rischiose anche se l’acqua di per sé non è gelida; e comunque bisogna ricordare che le acque interne sono sempre molto più fredde del mare.

5-Evitare proprio di entrare in acqua se non ci si sente in perfette condizioni di salute, dal punto di vista sia fisico sia psichico. Non farsi coinvolgere dall’insistenza di amici, parenti ecc. Il rapporto con l’acqua è sempre molto personale: anche una semplice “svogliatezza” di entrare in acqua può essere il campanello d’allarme di una condizione psicofisica temporaneamente non adatta!

6-Attendere almeno 4 ore dopo i pasti principali e almeno 2 ore dopo gli spuntini è tassativo. Ma è anche bene non essere completamente digiuni da troppe ore! Un normale regime alimentare permetterà di rispettare benissimo queste indicazioni.

7-Non forzare mai le proprie prestazioni: l’acqua richiede sempre una calibrata “conservazione delle energie”. Non nuotare mai contro corrente, bensì di lato; occhio alle correnti di risacca (= rip currents) sui litorali. In mare si galleggia molto meglio che in acqua dolce.

8-Non arrampicarsi sulle scogliere; ed evitare comunque tuffi da altezze superiori alla propria statura e/o dove non si scorge nettamente il fondale; evitare di tuffarsi da mezzi di navigazione, sia fermi sia in movimento. In caso di onde alte con creste (i cosiddetti “cavalloni”), non tuffarsi a favore di onda, ma sempre contro (o dentro o sopra).

9-Nuotare nelle apposite aree dedicate ai bagnanti e in ogni caso mantenersi a distanza di sicurezza dai natanti e dai corridoi a loro riservati; rendersi ben avvistabili (boa con bandiera “segnasub” al seguito, anche per il nuotatore): il pericolo più frequente in acqua d’estate è restare travolti da natanti in transito!

10-Apnea (= immersione trattenendo il respiro): non farla se non sotto diretta sorveglianza visiva ed evitare l’iperventilazione forzata, manovra abbandonata da molto tempo poiché inutile ai fini della prestazione e anzi capace di predisporre l’organismo a danni da apnea prolungata; non usare tappi auricolari; non usare occhialini da nuoto privi del naso; impiegare equipaggiamento dedicato (muta isotermica, maschera con naso, snorkel senza valvole, pinne lunghe ecc); saper fare le manovre di Compensazione dell’orecchio medio, per evitare lesioni ai timpani; mai trattenersi sul fondo fino alla fame d’aria bensì risalire per tempo. L’Apnea è un’attività subacquatica a tutti gli effetti – compreso lo Snorkeling di superficie – e come tale, sebbene regali la piacevole sensazione di poter essere praticata in assoluta naturalità, richiede di frequentare un corso preliminare specifico.

Per completezza d’informazione ci corre obbligo aggiungere due categorie di rischio che – solo per loro specificità – sono esterne al decalogo: il rischio di infezioni, batteriche, virali, fungine e parassitarie, per inalazione, ingestione o passaggio di eventuali patogeni da piccole ferite cutanee, più tipico delle acque interne non clorate; e quello da contatto con animali marini nocivi, in quanto pungenti (ricci), urticanti (meduse, vermocani…) o velenosi (tracina, scorfano ecc). La panacea universale valida per tutti quest’ultimi casi e da applicare immediatamente è riconosciuta essere l’acqua salata calda (anche quella del mare riscaldata va bene, mentre nessun altro “rimedio della nonna” va preso in considerazione…), rimandando a un secondo momento un consulto in farmacia o da un medico curante per qualche medicamento più specifico o per sincerarsi su eventuali risentimenti generalizzati, come febbre, dolori diffusi, vomito, gonfiori, dispnea ecc, che anzi rendono opportuno un accertamento in pronto soccorso.     

La stagione estiva, le agognate ferie e l’atmosfera vacanziera non giustificano la dimenticanza delle regole di sicurezza e delle buone pratiche di comportamento atte a evitare inutili rischi a noi stessi e a chi abbiamo vicino. Anche perché, essendo il soccorso in acqua demandato esclusivamente a figure specificamente formate e qualificate (gli Assistenti di Salvamento), al soccorritore occasionale e all’utente comune non rimane che agire di consapevolezzaprevenzione, autoprotezione e sorveglianza attiva. Insomma, l’incidente in acqua si previene, non si soccorre.

Ricordando che, in caso di necessità, evitare di entrare in acqua (il rischio nel soccorso in acqua è statisticamente più alto per il soccorritore che per chi è in pericolo!) e piuttosto chiedere aiuto inoltrando una buona chiamata di soccorso al numero unico europeo per le emergenze “112” è quanto di meglio un soccorritore qualsiasi possa fare.

Per il resto, i mondi acquatici e sommersi sono universi naturalistici straordinari che è fondamentale frequentare e conoscere per acquisire una vera coscienza ambientale (la nostra stessa esistenza su questo pianeta dipende da loro!), ma a patto di essersi messi prima in sicurezza. L’autoprotezione innanzitutto!  

Tags: Acqua Sicurezza Misericordia

Romano Barluzzi

Romano Barluzzi

Highlander dalle molte vite, tra cui ne spiccano due - da tecnico sociosanitario e da istruttore subacqueo - coltivo con inguaribile curiosità la passione per i mestieri più a rischio d'estinguersi, perciò mi ostino a fare il giornalista.