Rsa, sono 5 i milioni di euro evasi. Chiuse le indagini, 11 coinvolti

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Il procuratore capo Roberto Rossi (nella foto) dopo il blitz di giugno 2021, ha comunicato alle persone coinvolte a vario titolo la chiusura delle indagini, che hanno portato a disvelare il meccanismo evasivo che si celava dietro "L'Agorà d'Italia", cooperativa che aveva in gestione oltre 20 Rsa in tutto il centro nord. Si sgonfiano le cifre dell'evasione.

Furono i finanzieri del nucleo di Polizia economico finanziaria di Arezzo, con un'azione definita "chirurgica" al termine di indagini delegate dalla Procura della Repubblica di Arezzo – in origine dal dott. Andrea Claudiani, poi dal procuratore della Repubblica, dott. Roberto Rossi – a disarticolare quella che viene ritenuta una vera e propria organizzazione, con base nell’aretino e con operatività anche in altre regioni dell’Italia centro-settentrionale, attiva da anni nella gestione di strutture socio-assistenziali, in affidamento da enti pubblici e privati. Oltre 20, tra Arezzo e Prato, le Rsa toscane in gestione, altre nelle Marche, in Lombardia. Liguria, Friuli Venezia Giulia, Piemonte, Sicilia, Umbria. Una anche all'estero, a Malta: si tratta di decine di strutture per minori, anziani, disabili. Un impero, se si considerano gli oltre 800 dipendenti con compiti di assistenza a centinaia di persone fragili, nel frattempo trasmigrati in un nuovo soggetto che si occupa della gestione. 

Undici le persone raggiunte dall'avviso di fine indagine. A otto di loro viene contestata, a vario titolo, l'associazione per delinquere finalizzata alla commissione di reati tributari: Daniele Mazzetti, il patron, Roberto Vasai, ex presidente della Provincia di Arezzo, Letizia Beoni, presidente del Consorzio Reses, poi Alessandro Corsetti, Umberto Ferrini, Maria Rosaria Esposito, Alessandro Ghiori (solo omonimo del commercialista aretino estraneo ai fatti) e Andrea Fedi. Coinvolti, con ruoli di secondo piano, anche Tommaso Papini, Luca Innocenti e Aniello Sequino. 

In base alla ricostruzione degli inquirenti, "il sodalizio aveva ideato un collaudato schema, che prevedeva, tra l’altro, la partecipazione a “gare” pubbliche per l’affidamento di servizi socio-assistenziali, da parte di un consorzio, riconducibile agli indagati principali, per poi affidare l’esecuzione delle prestazioni a società cooperative “affiliate”, talora rappresentate da prestanomi".

Gli indagati, con il contributo di un consulente fiscale, ponevano in essere plurimi e ripetuti reati fiscali (omessi versamenti di tributi e indebite compensazioni), che, nel tempo, generavano un rilevante debito nei confronti dell’erario (mai onorato), in capo alle singole cooperative, poi sistematicamente poste in liquidazione e sostituite con altre, che proseguivano l’attività con gli stessi dipendenti. Nel complesso, è stato quantificato un ammontare di somme evase/non versate pari a 5 milioni di euro, costituenti il profitto illecito realizzato. Inizialmente si era parlato di 26 milioni di euro di evasione, ma evidentemente sono stati rifatti i conti. E, come sostenuto negli interrogatori dagli indagati, nessuno si sarebbe arricchito, "l'obiettivo era quello di tenere in piedi il complesso sistema di gestione che versava in una grave crisi". Crisi che nel frattempo ha travolto anche i dipendenti del consorzio Reses, ex Agorà, con ritardi e mancati pagamenti degli stipendi. A breve la richiesta di rinvio a giudizio per gli imputati.

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