Non è guerra, è strage

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Guardando le immagini di quello che è accaduto in Israele mi si è stracciato il velo davanti agli occhi. Ho visto le facce atterrite di ragazzi trascinati verso l’ignoto, ho visto lo strazio riservato ai morti.

Domenica 17 giugno dell’anno del signore 1534 il pirata Khayr al-Din, detto Barbarossa grande ammiraglio della flotta barbaresca, saccheggiò l’isola del Giglio.

I barbareschi erano marinai musulmani, ma anche cristiani europei rinnegati che, a partire dal XVI secolo, attaccavano le imbarcazioni e le coste dell'Europa cristiana, in particolare quelle del sud Italia. Era una guerra, oggi si direbbe asimmetrica, fatta di saccheggi, massacri, rapimenti di intere popolazioni.
All’epoca al Giglio, c’erano 1200 abitanti. Circa 700 vennero catturati dai corsari e deportati ad Algeri, gli altri furono in gran parte uccisi.

Per molti anni, leggendo i libri che narrano quei fatti, mi portavo dietro un cruccio: non riuscivo a visualizzare le facce, i gesti, i patimenti di quella povera gente. Non ero capace a indovinare i loro sguardi terrorizzati quando venivano caricati nelle navi, non udivo risuonare le grida oscene dei saccheggiatori, non immaginavo lo scempio dei cadaveri.

Ebbene, guardando le immagini di quello che è accaduto in Israele mi si è stracciato il velo davanti agli occhi. Ho visto le facce atterrite di ragazzi trascinati verso l’ignoto, ho visto lo strazio riservato ai morti. La caccia all’uomo per le strade con lo stesso identico scopo di Khayr al-Din in quel lontano 1534: uccidere e fare prigionieri.

Oggi come allora è risuonato il grido «Allahu akbar», «Allah è il più grande». Lo urlavano i barbareschi quando scalavano le mura di Giglio Castello e oggi lo utilizzano i miliziani di Hamas. Sembra che il tempo sia tornato indietro di secoli. Che cosa tremenda quando la violenza cerca giustificazione nella religione!

Lo confesso, ho sentito una sottile inquietudine quando nei volti dei giovani israeliani, nel pianto dei bambini, nello sguardo smarrito degli anziani caricati a forza nelle jeep, ho scoperto la fisionomia dei prigionieri gigliesi portati via dalla loro isola.
Questa non è guerra, non è guerra attaccare civili inermi, non è guerra rapire donne e bambini.
A tutti quelli che cercano di trovare una giustificazione rispondo con la frase del soldato Animal in Full Metal Jacket: “tira la catena e sciacquati il cervello (…) Questa è strage”.

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Paolo Brandi

Paolo Brandi

Laureato in filosofia a Pisa e in storia a Siena. Amante dei cani, dell'Inter e della Sicilia. Fin da piccolo impegnato in politica ma col tempo ha assunto un atteggiamento più contemplativo.