Non si cancella il Natale

. Inserito in #madecheseragiona

Se c’è una cosa che mi sta sulle scatole è l’intellettualismo, quell’atteggiamento supponente, dove manca il senso della vita concreta.

Tanto per dire non mi piace chi parla di povertà senza sapere cosa vuol dire non arrivare a fine mese. Non mi piace chi ragiona di uguaglianza guardandoti da un podio. Non mi piace insomma chi vive in una bolla.

Per questo ho RESPINTO DA SUBITO l’ipotesi, portata avanti dall’ Istituto Universitario Europeo di Fiesole, di introdurre la “Festa d'Inverno” al posto del Natale. Tutto questo in nome di una presunta maggiore inclusione. Peraltro non stavano inventando nulla di nuovo visto che la “Festa dell’Inverno” esisteva già nella cultura celtica.

PARE CHE ADESSO CI ABBIANO RIPENSATO E LE COSE SIANO CAMBIATE, COSICCHÉ ALLA BADIA FIESOLANA IL NATALE È SALVO. Rimane in ogni caso il problema che per "per non discriminare nessuno" EMARGINIAMO LA NOSTRA STORIA E LE NOSTRE TRADIZIONI, nessuno infatti può negare che il Natale faccia parte del patrimonio culturale europeo.

Meraviglia che istituzioni di così alto livello non si siano poste il tema che esistono ricorrenze e valori che non possono essere cancellati. Pena la perdita della nostra anima più autentica. In quell’idea senza né capo né coda io vedo affiorare l’intellettualismo di chi vive dentro uno scafandro.

Rispettare le altre culture, le altre religioni non significa capitolare. Se la storia è maestra attingiamo all’antica Roma. In quell’epoca così lontana, ma anche così vicina, si veniva accettati qualunque fosse l’origine, il colore della pelle, la religione ma tutti, senza eccezioni, rispettavano le leggi di Roma e le sue tradizioni. Il punto è tutto qui.

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Paolo Brandi

Paolo Brandi

Laureato in filosofia a Pisa e in storia a Siena. Amante dei cani, dell'Inter e della Sicilia. Fin da piccolo impegnato in politica ma col tempo ha assunto un atteggiamento più contemplativo.