Tour alla scoperta del giaggiolo

Un numero sempre maggiore di agriturismi la introduce come elemento di attrazione turistica. Così si recuperano e si dà valore ai terreni marginali, declivi, abbandonati

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Da ingrediente essenziale per profumi e liquori a elemento di attrazione turistica. Decine di visitatori italiani e stranieri partecipano alle passeggiate nei campi di iris che, in questa stagione, sono in piena fioritura. La coltivazione tradizionale, super gettonata dall’industria del profumo e dei liquori, è l’emblema della multifunzionalità

Il viola che si distende a perdita d’occhio è un’attrazione per i turisti che, in questa stagione, amano passeggiare tra i campi di giaggiolo, preziosi scrigni per questi terreni del Pratomagno, marginali, difficili e, proprio per questo, spesso abbandonati.

In questa stagione, quella della fioritura, ogni giorno gruppi di visitatori percorrono i campi coltivati con i gigli che, sa soli, saranno richiamare l’immagine e la ricchezza della Toscana.

Siamo nel comune di Castelfranco Piandisco, in quel Valdarno dove la coltivazione è tradizionale e si tramanda ormai di generazione in generazione.

Tra le aziende leader di un prodotto che, oltre ad essere bello, è base essenziale per l’alta profumeria e la produzione di liquori famosi, c’è L’Arte di Beppe, agriturismo che, lo scorso anno, proprio grazie a questa capacità di recuperare prodotti della tradizione, ha conquistato la bandiera verde, massimo riconoscimento nazionale messo a disposizione da Cia Confederazione Italiana Agricoltori per le aziende che si distinguono per l’impegno a favore dell’agricoltura, dello sviluppo rurale, del patrimonio enogastronomico, paesaggistico e ambientale.

“Produciamo iris da sempre – spiega Gabriele Venturi -, andiamo a ricercare terreni in alta collina che vengono valorizzati da questa coltura. Ripristinarla, dopo trenta-quarant’anni di assenza, permette di recuperare aree abbandonate. Si tratta di una coltura difficile perché cresce in zone che non possono essere coltivate in modo meccanizzato, su terreni rocciosi e con pendenze non omogenee. Il suo principale “nemico” è l’istrice: per difendere il prodotto dobbiamo recintare le aree di produzione. Il giaggiolo toscano, nonostante i competitor stranieri, resta molto quotato perché ha caratteristiche uniche. Proprio per questo riesce a spuntare prezzi interessanti”

“E’ una coltura che richiede una grande cura. Deve essere tenuta pulita, resta in campo ogni tre anni, e necessita di una accurata lavorazione manuale. D’altronde è l’unica coltura che può dare un valore a terreni come questi, declivi con altezze superiori ai 600 metri. In queste zone è indubbiamente la coltura più redditizia. Raggiunge infatti prezzi non paragonabili a quelli del grano o dell’olio extravergine d’oliva. E’ grazie alla coltivazione del giaggiolo se la nostra attività ha potuto proseguire e se abbiamo potuto creare Villa Iris, un agriturismo che deve il suo nome proprio al giglio blu capace di attrarre ogni anno decine di visitatori”, aggiunge Marco Albertoni, altro produttore della zona.

“Si tratta di una coltura tradizionale che oltre ad essere molto richiesta dall’industria ha la capacità di valorizzare il territorio dal punto di vista paesaggistico, storico, culturale – commenta Daniele Vichi, responsabile CIA Arezzo nell’area valdarnese -. E’ una coltura multifunzionale che le imprese agrituristiche stanno implementando come elemento di attrazione turistica. Il nostro impegno è garantire un maggiore impulso a questa coltura, studiando la meccanizzazione delle operazioni, la tutela della produzione locale, il miglioramento della selezione. L’obiettivo è mantenere il valore aggiunto sul territorio e sull’economia agricola locale”.

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